Luigi Sorge è Rsa della Fiom-Cgil presso lo stabilimento di Cassino (provincia di Frosinone).
«A Cassino c’è la stessa aria di tutti gli stabilimenti Stellantis in Italia», dice sconsolato, raggiunto da Atlante. «A Cassino dal primo ottobre i lavoratori sono tutti (2.500) in contratto di solidarietà (Cds). Ci sono molti di noi che lavorano tre giorni al mese e il resto dei giorni (e delle ore) è occupato dalla cassa integrazione». Taglio del salario per tutti ma non per i dirigenti: «a luglio hanno preso bonus di decine di migliaia di euro per obiettivi raggiunti sull’efficienza», tuona, ma nelle sue parole non c’è meraviglia: «che si chiamino Stellantis, che si chiami Fiat o Fca, i padroni e il capitalismo hanno questo volto».
Il disappunto di Sorge si percepisce a ogni sillaba: «il punto è che noi non abbiamo macchine nuove da costruire». Gli annunci roboanti di nuove vetture, le promesse del ritorno ad una produzione costante, le assicurazioni della proprietà attorno al ruolo strategico dell’Italia nella realizzazione di macchine Fiat/Stellantis valgono il tempo di un post su X o Instagram. La realtà dei fatti è ben altra: «Stiamo lavorando ancora sul piano industriale della presidenza Marchionne e in produzione abbiamo: Giulia, Stelvio e Grecale». Macchine costose, per poche tasche, i cui costi si aggirano tra i 50mila euro e i 140mila euro. «Entro il 2025 dovrebbero partire le produzioni dello Stelvio elettrico», ma il condizionale parrebbe essere d’obbligo, dato che una macchina non si produce in poco tempo e la produzione ha i suoi tempi.
S’è puntato tutto sull’auto di lusso, di fascia alta ma è una strategia che non ha pagato: «Nel 2010 eravamo 5.500 circa» e si parla di ulteriori esuberi «fino a 800», afferma sconsolato Sorge, «senza contare l’indotto», le ultime assunzioni (pre Covid) realizzate tramite agenzie di somministrazione (di cui una piccola parte stabilizzata con contratto da parte dell’azienda) e senza contare, infine, gli incentivi alle dimissioni incoraggiati dall’azienda. «Trent’anni fa – ricorda amaramente Sorge – quando entrai in questo stabilimento eravamo più di 7.500 lavoratori. Attraverso la produzione delle Tipo e delle Tempra siamo riusciti a toccare la cifra vertiginosa di 1.300 vetture al giorno, lavorando su tre turni». Oggi quel mondo appare ancor più lontano di quanto abbia solcato l’aratro del tempo.
Come può, uno stabilimento in queste condizioni, affrontare la questione della transizione declamata, voluta e imposta dall’Unione Europea? «Non abbiamo un piano industriale, questa è la verità. Stellantis vorrebbe continuare a trarre profitto dalla riorganizzazione e dalla razionalizzazione degli stabilimenti: Tavares, che concluderà il suo mandato nel 2026, doveva garantire la proprietà, gli azionisti e, ovviamente, lui stesso non producendo vetture, ma efficientando». E efficienza fa rima con razionalizzazione, tagli: è l’austerity industriale.
L’elettrico non cambierà la situazione di Cassino: «La produzione non sarà immediata e ci saranno ulteriori tagli al personale stimati del 30-40% dal momento che il motore e la meccanica relativa sparirà. Noi siamo a favore della transizione ma, a fronte di un ulteriore calo della manodopera, chiediamo la riduzione dell’orario di lavoro a 30 ore pagate 40, redistribuendo il lavoro che c’è. Non vogliamo la cassa integrazione, non chiediamo la cassa integrazione: vogliamo il lavoro e salari dignitosi che ci consentano di vivere, non di sopravvivere».
Sullo sciopero, sebbene convocato unitariamente dalle federazioni dei metalmeccanici dei sindacati confederali (Fiom-Cgil, Fim-Cisl, Uilm-Uil), Sorge non si sbilancia, ma auspica la più ampia partecipazione dei lavoratori: «Venerdì 18 potrebbe anche succedere che la Fca dichiari il senza lavoro». Il giorno prima dello sciopero la proprietà potrebbe comunicare ai lavoratori che il giorno successivo, cioè quello dello sciopero, potrebbe essere un ‘senza lavoro’: «È già successo», ammette Sorge, «la settimana scorsa, alle 8:00 di mattina, la Fiat ha mandato via degli operai perché non c’erano dei materiali che sarebbero serviti per la produzione giornaliera».
Ma il delegato è speranzoso: «È solo l’inizio. Difenderemo a qualunque costo ogni singolo posto di lavoro. Vogliamo costruire è una vertenza generale di Stellantis, automotive tutto e indotto; che oltrepassi i confini nazionali, investa i paesi europei (si veda la situazione della Volkswagen); che realizzi un fronte unico operaio e faccia tornare i lavoratori protagonisti del proprio futuro». Sperando che i lavoratori in Italia potranno ancora farlo, anche dopo.
Dopo l’eventuale approvazione in Senato del Decreto Sicurezza.
Parte dell’articolo scritto insieme ad Angela Galloro per «Atlante Editoriale» in vista della manifestazione del 18 ottobre [2024].