Una criptovaluta si aggira per l’Europa, anzi, per il Mondo, in tutto l’intero Pianeta.
«L’Associazione Libra è un’organizzazione indipendente, senza scopo di lucro, con sede a Ginevra, in Svizzera […] conduce un programma di sovvenzioni di impatto sociale che sostiene gli sforzi di inclusione finanziaria in tutto il mondo. L’associazione collabora con la comunità globale e con i responsabili delle politiche per aiutare ulteriormente la missione Libra. L’Associazione è composta da un gruppo di organizzazioni diverse provenienti da tutto il mondo. I membri fondatori dell’associazione sono operatori e nodi di validazione che formano la catena di rete [blokchain – ovvero un sistema di contabilità digitale composto da sistemi matematici decisamente complessi che si appoggiano su reti di server e pc n.d.r.] che è l’essenza di Libra. Una delle direttive dell’associazione sarà quella di lavorare con la comunità per ricercare e implementare la transizione verso una rete senza autorizzazioni».
Basandosi su un impianto giuridico-esistenziale economicamente, politicamente e socialmente vantaggioso, Libra sarà il nuovo strumento del capitale transnazionale per condizionare i mercati e, dunque, l’economia.
L’unico giornale italiano che sta dando realmente risalto alla questione è ‘il Sole 24 Ore’ che sta dedicando articoli, producendo analisi e proponendo riflessioni molto interessanti a riguardo.
Oltre alla no profit Libra vi è anche Libra Networks, con sede nello stesso palazzo dell’associazione – ça va sans dire –
«società a responsabilità limitata, fondata il 2 maggio di quest’anno dalla holding irlandese Facebook Global Holdings II», come riporta il ‘Sole 24 Ore’
nell’articolo di Roberto Galullo e Angelo Mincuzzi, ed avrà lo scopo di
«fornire servizi finanziari e tecnologici e di sviluppare software e hardware con particolare riferimento agli investimenti, al pagamento, alla finanza, alla gestione delle identità, alle analisi, big data e blockchain».
L’essenza della nuova moneta: Facebook il nuovo “Re Sole”
L’unico punto fermo, per ora, è che Libra partirà nel 2020. Per il resto c’è – semmai – l’incognita da parte dai coordinamenti bancari transnazionali che non si sa se vorranno o meno intervenire per regolare – o ‘disciplinare’ come ha scritto più correttamente il ‘Sole 24 Ore’ – la nuova moneta che conta circa due miliardi di utenti (2,4 miliardi di utenti regolari, secondo dati di Facebook). Una sorta di “stato virtuale” decisamente imponente e del tutto multi-nazionale, in quanto i fruitori di Facebook sono distribuiti su vari paesi del Mondo. L’ardire di essere ‘padrone’ di uno stato, sebbene virtuale, non sarebbe venuta in mente neanche al Re Sole o a Napoleone ma, a quanto pare, siamo di fronte a deliri di onnipotenza ben più grandi.
«Le autorità monetarie si stanno ponendo la questione se Facebook non debba avere riserve valutarie depositate presso le banche centrali con cui garantire la stabilità della Libra», a dirlo è stato Tobias Adrian, capo della divisione mercati al Fondo monetario internazionale. Se la moneta sarà stabile, come i fondatori affermano, dipenderà da quante valute avrà al suo interno.
Libra avrà l’asse portante della sua esistenza basata sulla privacy, sebbene i fondatori non specificano come e in che modo essa verrebbe tutelata. Non vi è alcun organismo terzo e indipendente che controlli Libra, o meglio, c’è ma è un organismo “esterno” nato dai creatori che hanno dato vita alla moneta.
Un po’ come se in un partito politico Segretario Nazionale e Comitato di Garanzia sono rappresentati dalla stessa persona, o ancora, se Presidente della Repubblica e Presidente del Consiglio dei Ministri fossero la stessa cosa. C’è poi da dire, riguardo la privacy, che Facebook nel recente passato ha dimostrato di essere vulnerabile ad attacchi e oggetto di ‘fughe di dati’, come giornalisticamente viene scritto. Anche a tal proposito, sarebbe incauto affidare pagamenti ad un’azienda che ha dimostrato di non possedere “anticorpi” a riguardo.
La finanza ha fatto un passo avanti enorme rispetto a quanto avvenuto dalla crisi che ha visto imporsi i Governi tecnici in Italia e l’intervento della Troika in altri paesi: il capitalismo transnazionale avrà mano libera sulle transazioni e sui conti, così come allo stesso modo le persone, vivendo l’illusione dello ‘scambio immediato’ favoriranno una struttura non regolata da alcunché se non dallo smartphone e dal proprio account Facebook/WhatsApp etc.
Le speculazioni finanziarie sarebbero sdoganate e avrebbero il ‘via libera’ di utenti-social che diventerebbero utenti-consumatori in uno schiocco di dita. Speculazione, beninteso, che i cittadini romani (ad esempio) conoscono benissimo (per chi volesse approfondire:
http://webtv.camera.it/evento/9242 –
«Né i piani di rientro del debito di Roma Capitale finora redatti, né il documento di accertamento definitivo del debito sembrano contenere una ricognizione analitica e una rappresentazione esaustiva della situazione finanziaria da risanare antecedente al 2008. Attualmente, per il 43% delle posizioni presenti nel sistema informatico del Comune, non è stato individuato direttamente il soggetto creditore».
Commissario Straordinario per il Rientro del Debito del Comune di Roma, Silvia Scozzese).
La necessità della sconnessione
A questo punto diventa cruciale aprire il dibattito della sconnessione. Se qualche anno fa, in ambienti sociali, associazionistici, politici, si affermava come Facebook andasse utilizzato per far sì che si avesse voce dal momento che la carta stampata la nega a chi opera sul territorio e a coloro che portano una voce dissonante all’interno del panorama politico, a seguito dell’annuncio di Libra il filo dovrà necessariamente spezzarsi. Come si dice proverbialmente: il gioco non vale più la candela. Contribuire al flusso di account e alla legittimazione di quello ‘stato’ virtuale, come è stato definito dall’articolo di ‘Repubblica’, è insostenibile ora più che mai.
È il momento della sconnessione, del logout, dell’elimina account per chi crede di poter e voler cambiare la realtà che lo circonda e lo stato di cose presenti.
Quali spazi alternativi ci sono? Possono esserci delle soluzioni immediate, prima ancora di abbracciarne altre più ‘radicali’ che utilizzano – ad esempio – i partiti pirati europei e nel mondo.
Una tra questa è una newsletter, per rimanere in ambito digitale, ma tuttavia la questione più corposa è senza dubbio quella del tornare a mostrarsi nelle vie dei propri quartieri e dei propri luoghi di lavoro. Non è pura utopia quanto più una necessità: i dati elettorali hanno mostrato una evidente e profonda crisi delle sinistre europee e dei partiti comunisti di tutti i paesi dell’eurozona, tuttavia le elezioni amministrative hanno consegnato degli sparuti segnali incoraggianti per quel che riguarda la percezione di un’alternativa che sia politica e sociale in medio-piccoli centri abitati. Per fare questo non si possono attendente i tatticismi dei gruppi dirigenti che glorificano risultati miseri o “prendono atto” di sempiterne sconfitte che inanellano con entusiastica continuità dal 1999 ad oggi. È necessaria la sconnessione digitale per andare ad operare una nuova connessione, stavolta reale, per far sì che si torni ad ascoltare, parlare e capire il proprio bisogno e la propria intima necessità, connessa a quella della comunità in cui si è inseriti.
La mediaticità che viviamo ha frammentato la nostra esistenza in modo totale e irreversibile, in particolar modo a chi abita nelle grandi metropoli: il centro della nostra vita non è più il luogo in cui viviamo e l’egemonia si fa più difficile perché non abbiamo ben chiara la direzione della nostra azione quotidiana, sia nell’associazionismo che nella politica territoriale.
La
‘facebookizzazione’ del dibattito politico ha prodotto una
politica di serie A e una di serie D eliminando del tutto “serie cadetta” e “terza serie”: personaggi istituzionali utilizzano lo strumento dei social per qualsiasi scopo (sia esso personale o lavorativo) e spesso interagiscono con gli utenti a seguito di una diretta, di un post con decine di migliaia di visualizzazioni e via dicendo.
Allo stesso modo ha prodotto una percezione distorta delle istituzioni a livello locale, contribuendo ad una confusione, già in atto nel corso degli anni,
tutta a danno della comprensione di fenomeni politico-istituzionali, nonché della comunicazione della politica locale che predilige uno strumento di un’azienda transnazionale privata per comunicare quanto conduce quotidianamente anziché alle comunicazioni scritte e alle affissioni pubbliche che potrebbero, invece, arrivare alla maggior parte della cittadinanza. In questo senso si arriva al capolavoro dell’eterogenesi dei fini dei 5 Stelle che, partiti per rendere ‘casa di cristallo ogni luogo istituzionale’ hanno fatto in modo di rivolgersi ad una platea ristretta di persone informatizzate che, grazie a questo, sono considerati cittadini con una corsia preferenziale da qualsiasi amministrazione, centrale o locale.
Così come lo stato sociale era per pochi, la ricchezza mondiale va accentrandosi sempre di più in pochissime mani, anche la democrazia e gli spazi di conoscenza vengono ridotti sensibilmente a causa di meccanismi che vengono spacciati come “facilitatori” di comunicazione i quali, in teoria, sarebbero anche utili, se non fosse che sono totalmente ad uso e consumo di una popolazione già informatizzata e consapevole di che cosa significhi esserlo.
Non possiamo più aspettare: si deve, ora più che mai, creare una rete e un dibattito di chi ha a cuore sia il futuro della Terra, sia un mondo decisamente ‘altro’ che non sia ostaggio di finanza e speculazioni selvagge.
Ora o mai più.
* La nota, seppur messa in asterisco in calce al post, è cruciale. Non sono un economista ma ho a cuore la realtà e il suo manifestarsi, di conseguenza mi piace analizzarla secondo la mia personalissima Weltanschauung che è quella dell’anticapitalista. Chi leggerà il post e inizierà a rispondere in termini finanziari e strettamente economicisti, può continuare a scriverlo sul blog di Draghi o della Bonino, che tanto pari sono.
** Arriva Libra, ora Facebook batte moneta, La Repubblica, 19 giugno 2019. Non c’è link diretto perché è stato inserito sul sito del quotidiano come contenuto a pagamento.