Le parole sono (molto) importanti

«Cerchiamo sales assistant», oppure «train manager» oppure ancora «store manager».
Che poi, stringi stringi, trattasi di, nell’ordine: cassiere, capotreno e quello che c’ha er negozio, più o meno.

Recentemente mi sono accorto di due annunci di lavoro di NTV, l’azienda che gestisce il treno Italo, e di Esselunga: cercavano, nell’ordine, train manager e sales assistant.
L’uso dell’inglese è cruciale (*): vuoi mettere essere sales assistant e non er cassiere?
Tutta un’altra storia, così come il train manager. Mica è er capotreno, è il train manager: comanda qualcuno, è un manager, ha un incarico di responsabilità, deve guidare un gruppo di persone e farlo bene. «Devi assumerti il rischio delle decisioni, dell’esposizione di fronte agli utenti», direbbero i capoccioni, come si dice a Roma.
Il capotreno controlla solo i biglietti durante il viaggio: «un mestiere superato», direbbero sempre quelli di cui sopra.
Nella fase attuale postideologica, per definizione la peggiore delle ideologie perché ne ammette solo una, quella dominante, pronunciare i nomi delle mansioni citate in inglese rappresenta una precisa volontà ideologica e politica: blandire i subalterni, il popolo, il proletariato, la gente, i (s)cittadini, comunque lo si voglia chiamare, per dargli l’illusione del comando e della forza che può trarre da esso.
Nonostante il periodo di lavoro del train manager, magari, sia solo di 6 mesi; uno stage; un dai-che-poi-ti-richiamiamo che non arriva mai.

Quegli annunci, e le confuse considerazioni conseguenti, mi hanno riportato alla banalità dell’uso di una lingua straniera per far sì che il potere (tanto con la p minuscola, quanto con la P maiuscola) utilizzi parole e perifrasi per illudere e acquietare il soggetto subalterno a partire dalla mansione del lavoro. È quasi banale, in effetti, l’uso che viene fatto della lingua in questione, ma sortisce l’effetto sperato, sfortunatamente.

Aiuti (in)volontari – Sdrammatizziamo
Spesso, poi, l’italiano corre in aiuto dell’inglese, tanto nelle descrizioni degli annunci di lavoro sopracitati che in altre circostanze: le perifrasi, infatti, sono la caratteristica peculiare di una colossale arrampicata sugli specchi nel descrivere le mansioni del futuro manager o dell’assistant: forse è una mia impressione, ma quando leggo annunci di questo tipo, mi torna sempre in mente la risposta di Giovanni e Aldo a Marina Massironi in Tre uomini e una gamba. «Cosa fate nella vita?», chiedeva la Massironi e Giovanni, per non sfigurare data l’appena avvenuta presa in giro a danno di Giacomo, si invola in una descrizione eccezionale:

«Beh, noi lavoriamo nella meccanica di precisione… tecnologie avanzate al servizio di progettazioni particolari e specifiche, non so arduèr… Cioè: creiamo dei supporti che poi serviranno per progettare grosse situazioni. Strumenti di precisione per una svolta futura della meccanica.. non so se mi spiego. Sì insomma abbiamo un negozio di ferramenta. Cioè non è che il negozio è nostro: noi siamo commessi».


Commessi, per l’appunto. Fosse stato per il tenore di quell’annuncio sarebbero stati degli store manager. Tizi che vendono cose dentro a un negozio non loro, sarebbe stata una perifrasi portatrice di fin troppo demerito per un sales assistant. E così ancora con il junior manager, senior account, junior developer, CEO (perché mo so tutti CEO) et cetera, et cetera.

O come, tanto per non citare i (fin troppo amati) Simpson, si disse a proposito dell’Università Bovina nella puntata in cui Lisa aveva chiesto un pasto vegetariano alla mensa della scuola e il Direttore Skinner fece proiettare, per tutta risposta, un filmato pro-carni con trippa finale fornita dall’ispettorato carni:

Ma non vi siete resi conto che siete stati appena plagiati dalla propaganda?

(*) Ci sarebbe da parlare, a tal proposito, del bilinguismo utilizzato dal Comandante Ferrer nei Promessi Sposi del Manzoni, ma già sono prolisso così, figuriamoci se metto insieme pure la letteratura e la critica letteraria conseguente. Meglio rimanere sul pop. Così come mi riservo in un secondo momento l’analisi (reale) della celebre scena dell’immigrato rimasto senza lavoro di Sbatti il mostro in prima pagina di Gian Maria Volonté, più che mai appropriato.