Tra la Barbagia e il West [di Daniele Poma]

È notizia degli ultimi tempi che il prossimo stadio del Cagliari calcio sarà intitolato all’uomo più iconico dell’arte pedatoria sarda: Gigi Riva. L’eccezionalità del fatto sta innanzitutto che il grande Gigi Riva è vivo e lotta insieme a noi, anzi ha ribadito con tutti gli scongiuri del caso che per lui rimane un onore.

Allora a noi di sportpopolare.it ci sembrava giusto approfondire il tema «Riva», con una recensione del libro di Luca Pisapia edito da Milieu edizioni nella collana Parterre.

Copertina del libro bella, con una foto di Riva con un sombrero e un volto glaciale rivolto verso ignoti. La fotografia è adatta perché riassume in parte l’anima western del libro. Apprezzatissima anche la scelta di usare le minuscole per il titolo e per il nome l’autore, come azzeccata la citazione di Gianni Mura nella quarta di copertina.

Nel merito il libro un mix tra saggio, romanzo e biografia si erge la figura mondiale fascinosa e granitica di uno dei più forti calciatori italiani di sempre. Perché quando la baldanza tenebrosa e tormentata giovanile di un varesotto di Leggiuno incontra l’isola nasce l’incanto, la resurrezione, la rivolta esistenziale che passa per i campi di calcio in terra, dove si mischiano le difficoltà della crescita e della vita di un ragazzo timido e introverso, con l’altrettanta durezza di un contesto isolano quasi ascetico, insormontabile.

Insomma il Riva di Pisapia è un eroe western, è Django, è Cuchillo, è il pistolero tenebroso e impavido con la Barbagia e il Gennargentu a fargli da sfondo.

Si mischiano la storia, gli scossoni sessantottini che arrivano dalla terra ferma e giungono fino in Sardegna facendo di Gigi un messia prepolitico, un giovanotto dalla vita difficile, ombroso con al posto del piede sinistro un’autentica pistola che spara forte. Ma Riva non è solo la redenzione di un popolo sfruttato e abbandonato Riva è lo smacco al padrone, è elisir di lunga vita, è l’acqua di Amrita che nessun padrone berrà.

È storia che elegge a simbolo di una terra saccheggiata, la resistenza all’America dei conquistadores che si chiamano Moratti&co., è storia di un rifiuto, di un amore che è eterno.

Però Riva è anche patrimonio italiano, anzi è il simbolo di una rinascita calcistica nazionale: perché dopo i successi negli anni del fascismo dell’Italia si era persa traccia, sparita dal calcio che conta, ed è solo con la vittoria dell’ europeo del ’68 che la ben oliata macchina del calcio si rimette in moto e il Belpaese torna al centro del mondo. Ed è proprio mentre l’interesse intorno a questo sport cresce e si modernizza, nel momento in cui avviene il passaggio di immagine dei calciatori, da terrosi e afflitti proletari a rockstar riconosciute e commercializzabili, è li che l’uomo simbolo Riva dice no. NON MI AVRETE MAI COME VOLETE VOI.

E come in un western ben riuscito, il rumore dei corpi che cadono sono degli altri, nonostante la sfortuna, gli infortuni, l’accanimento della vita, nonostante Italo Allodi, nonostante tutto, Gigi «Rombo di Tuono» Riva è ancora li, in piedi come un uomo, come un uomo armato e senza paura.

Daniele Poma
(pubblicato originariamente su Sport Popolare)