Un altro manifesto [sempre a Santa Maria del Soccorso]

  

Foto di Adriano Pucciarelli su Unsplash

Non c’è più il manifesto di Lenin a Santa Maria del Soccorso. È stato strappato del tutto, fino agli ultimi brandelli. Per tre settimane il muro è rimasto “pulito” da ogni affissione.

Attorno al 15 del mese l’organizzazione italiana della Tendenza marxista internazionale ha provato ad attaccarvi due manifestini riguardo un’iniziativa che stavano promuovendo in quei giorni sulla lotta partigiana: uno è stato strappato e ne è rimasto uno solo. Ancora coraggiosamente attaccato al muro d’ingresso della fermata di Santa Maria del Soccorso.

È il giorno dopo il 25 aprile, in cui un lungo fiume di persone ha invaso le strade tra Villa Gordiani e Quarticciolo. È il giorno dopo la lieta marea.

In una delle due scuole in cui presto servizio quest’anno il ponte non è il 25 e il 26 aprile ma il 29 e 30, dunque mi incammino verso l’entrata della Metro B alle 7:30. Mentre cammino verso l’ingresso faccio un controllo delle cose toccandomi le varie tasche della giacca e dei pantaloni una dopo l’altra: moderna e attualizzata versione del tuca tuca di Raffaella Carrà. C’è tutto, anche la mascherina FFP2: per insegnare alla sezione ospedaliera serve ancora, nei reparti dell’ Umberto I è ancora obbligatoria. 

Finito il servizio torno indietro con pensieri e sguardi avvolti dalle pagine di Meneghello e dai racconti di Malo, ma purtroppo arriva il momento di scendere. Salgo le scale per riemergere alla luce del sole e noto sull’altro muro di destra, quello che dà verso l’uscita di Largo Viola, un altro manifesto. È scritto a vernice rossa e a caratteri cubitali: «W Mario Fiorentini».
Non c’è la firma: la scritta è rossa.
Mi fermo immobile, anche questa volta, oltre i cancelli dell’uscita della metro e resto a contemplare la scritta rossa qualche secondo. Non vedevo un manifesto per Mario Fiorentini da un po’ e vederne uno mi ha fatto respirare aria fina di montagna.

È proprio vero, penso, quello slogan che ci ripetiamo (benché ovunque
collocati, dispersi e divisi): quando muore un compagno o una compagna
ne nascono altri cento.
E vanno in giro ad affiggere i manifesti in ricordo di Mario Fiorentini.

Lo spirito di chi crede non si abbatte facilmente, come nella scena di Italiani brava gente in cui i nazisti e i fascisti, tedeschi e italiani occupanti le zone limitrofe al Don, stuzzicano un gruppo di civili russi facendo cantare loro L’Internazionale a mo’ di sfregio.
Ma loro l’hanno cantata davvero e quasi non si fermavano neanche coi colpi dei mitra tedeschi.

Sono teste dure, i comunisti.
Menomale.

Roma ne porta ancora i segni: sui muri di Via Rasella – [“Morte a Roma” – Robert Katz]

Spesso e volentieri per raccontare un fatto accaduto nella storia bisogna partire dalla fine. Fare un passo indietro rispetto a quel che si sa spesso aiuta a far chiarezza: “guardare da lontano per veder vicino” è un motto caro agli storici dell’arte. O, almeno, così pare. E in tal caso, si sa: vox populi è anche vox Dei
Robert Katz scrive “Morte a Roma. Il massacro delle Fosse Ardeatine” nel 1967 in prima edizione per la non più esistente casa editrice “Editori riuniti” e c’è subito da chiarire un fatto: l’autore è statunitense.
Vien da sé: con l’Italia, con l’occupazione nazista di Roma, con l’armistizio e quant’altro, Katz c’entra pochissimo. Forse nulla. È per questo che inizia a scrivere e ad indagare su quanto accaduto all’indomani dell’attacco di Via Rasella

L’introduzione all’edizione del 1996 scritta dall’autore stesso parte da uno spunto che avremmo potuto tralasciare ma che risulta essere estremamente interessante per la sua particolarità:

«Quasi contemporaneamente all’uscita di quell’edizione [la ristampa e l’aggiornamento del 1994] la televisione americana mise in onda un clamoroso servizio giornalistico girato in Argentina che di fatto riaprì il caso [le Ardeatine] con tutte le sue vecchie ferite».

Nell’introduzione all’edizione del 1994 Katz scriveva che si era conclusa «una delle principali controversie della storia della guerra mondiale in Italia».
Eppure il caso, la sorte o il destino interpretano un ruolo di primo piano nella storia degli uomini. Ancora dall’introduzione di Katz:

«Sul piccolo schermo vediamo un telecronista, con il microfono teso, avvicinare un anziano signore: “Señor Priebke?” gli chiese. “Sono Sam Donaldson della televisione americana. Posso parlare con lei un momento?”. E quel ‘señor’, buon cittadino di San Carlos de Bariloche […] al sicuro da ogni rischio che aveva vissuto sotto il nome di Erico Priebke, non esitò a soddisfare le richieste del telecronista».

Tutto si sarebbe rimesso in movimento nella testa dell’autore: c’era ancora qualche tassello da ricostruire. Ma questa è un’altra storia.
Nel volume, Katz non indaga né studia quello che successe dopo, quanto piuttosto quello che accadde durante le ore che anticiparono l’attacco di Via Rasella e la conseguente rappresaglia tedesca. Va tenuto conto gli abitanti della Capitale, mai nella loro storia hanno subito una repressione così efferata come quella accaduta a seguito dell’attacco del Gap (Gruppo d’azione patriottica) che aveva pianificato l’azione. 

La scrittura di Katz è un abile riassunto tra l’intervista, il racconto, la testimonianza, l’articolo di approfondimento e la divulgazione dei fatti accaduti: ha avuto la fortuna di incontrare i superstiti dell’attacco e di intervistarli, di leggere le testimonianze processuali dei nazisti delle SS Polizeiregiment “Bozen” che furono attaccati dai componenti del partito comunista che era posto – come tutti i partiti antifascisti – in stato di clandestinità e costretto all’azione nell’illegalità.
Ne viene fuori un racconto vivido di quelli che furono i giorni di una Roma scomparsa in cui l’unico mezzo pubblico che funzionava (male) era il tram, in cui vigeva il coprifuoco, in cui Centocelle (oggi periferia in piena gentrificazione) era oggetto di azioni ‘alle porte della città’, in cui mancava immondizia per poter celare la bomba che Bentivegna trasportava con la bicicletta fingendosi netturbino, in cui il Vaticano ha avuto un ruolo (e quale!) nell’ambito dell’occupazione.
Una città diversa eppure tanto simile a quella dei giorni nostri

Nel settantanovesimo anno dall’attacco, dunque dall’eccidio delle Ardeatine, rileggere “Morte a Roma” è un esercizio che serve non solo per riportare alla memoria quanto accaduto ma per provare a immaginare quello che Alessandro Portelli, storico che ha scritto uno dei più importanti volumi sulla vicenda [“L’ordine è già stato eseguito”, Donzelli editore], ha definito come la zona impervia che si situa a metà tra il pianerottolo e il genocidio. Di come, cioè, la vita di uomini e donne in quei giorni di occupazione nazifascista si collocava nella sottilissima intercapedine tra il nascondersi e il venire uccisi

Che è poi quello che accadrà stando al comunicato battuto dall’agenzia Stefani e apparso sui quotidiani romani di allora («Il Messaggero» su tutti) che segnò completamente la questione (e che Portelli riporterà nel suo volume proprio nella prima pagina). Quel comunicato diceva così: 

«Nel pomeriggio del 23 marzo 1944, elementi criminali hanno eseguito un attentato con lancio di bomba contro una colonna tedesca di Polizia in transito per Via Rasella. In seguito a questa imboscata, 32 uomini della Polizia tedesca sono stati uccisi e parecchi feriti. La vile imboscata fu eseguita [notare il modo e tempo verbale] da comunisti-badogliani. Sono ancora in atto indagini per chiarire fino a che punto questo criminoso fatto è da attribuirsi ad incitamento anglo-americano. Il Comando tedesco è deciso a stroncare l’attività di questi banditi scellerati. Nessuno dovrà sabotare impunemente la cooperazione italo-tedesca nuovamente affermata. Il Comando tedesco, perciò, ha ordinato che per ogni tedesco ammazzato dieci criminali comunisti saranno fucilati. Quest’ordine è già stato eseguito».

E così fu. E così Roma riporta i segni di quei giorni, ancora oggi, a Via Rasella.

Recensione pubblicata sulla rivistaPagine marxiste‘. L’immagine è la medesima posta in foto all’edizione di “L’ordine è già stato eseguito” pubblicata dalla Universale economica Feltrinelli, appartenente al Bundesarkiv. “Italien, Rom Noch Attentat in via Rasella auf eine SudTiroler Polizei”.