Bolivia: il titolo va alla Strongest tra interruzioni, accuse e polemiche. Retrocede il Palmaflor di Evo Morales (ma la “Serie B” non esiste)

Continuano le polemiche attorno al sistema di corruzione e combine nel calcio boliviano. 

 
La squadra paceña The Strongest conquista il sedicesimo titolo della sua storia con una settimana di anticipo. Los tigres possono fregiarsi di un’ulteriore vittoria – al momento matematica – mentre volge al termine una delle edizioni più controverse e difficili della Primera Division boliviana costellata da interruzioni di campionato, accuse di partite truccate, corruzione e – addirittura – collusione col mondo del narcotraffico [1]. Chi è costretto ad abbandonare la massima serie boliviana, invece, è il Palmaflor, dell’ex Presidente Evo Morales, nonché rappresentante il sindacato dei cocaleros. L’abbandona ma senza andare in seconda divisione perché, semplicemente, non esiste: la Bolivia è l’unico paese affiliato alla Conmebol a non prevedere una Serie B.
 
Il Presidente della Federcalcio boliviana Fernando Costa, fin dall’emersione del caso, ha costantemente rilasciato dichiarazioni alla stampa senza fare nomi ma parlando di una rete di corruzione piuttosto estesa. Costa – come recita il quotidiano boliviano «El Diario» – ha «smesso di fare speculazioni». Nella conferenza stampa, tenutasi a Cochabamba il 30 novembre, il presidente della Fbf ha dichiarato la Strongest: «campioni giusti e meritevoli» e anche: «non so perché siano stati messi in discussione: i risultati sono chiari a tutti e, dati i punti ottenuti, la Strongest è matematicamente irraggiungibile».
 
Niente più speculazioni: la Strongest è stata la più forte del campionato, letteralmente parlando.
Tuttavia, specie in queste situazioni, il ma c’è sempre. «Nelle ultime ore – ha proseguito Costa – le reti sociali, e non, si sono riempite di messaggi e di commenti, nonché d’ipotesi, secondo cui, a causa dell’inchiesta relativa alle partite truccate, alcuni club avrebbero perso punti guadagnati nelle partite contro il Vaca Diez»
 
Ancora una volta Costa non fa nomi ma riporta i commenti che sono giunti al suo apparato uditivo riguardo le gare disputate contro il Vaca Diez, al momento uno dei club più a rischio. In settembre «Marca» diffuse gli argomenti di alcune intercettazioni telefoniche e tra i nomi più invischiati parrebbe esserci stato proprio il presidente del Vaca Diez in cui, stando al quotidiano ispanofono: «in una conversazione telefonica, presumibilmente il presidente Marco Rodriguez, parla con un arbitro per fissare il numero di gol da segnare in una partita». 
 
Uno dei più grandi scandali calcistici dell’ultimo ventennio è ancora ben lontano dall’essere risolto, anzi: Costa ha confermato che il 5 dicembre si riuniranno a Santa Cruz gli organismi della giustizia sportiva al fine di valutare ufficialmente i tornei del 2023 (campionato e coppa). Non solo: Costa ha aggiunto che sarà convocato a breve un congresso straordinario della federazione
«Nei prossimi giorni – ha concluso – presenteremo un piano di ristrutturazione del calcio boliviano»
 
Chissà che non si metta finalmente mano alla struttura professionistica e alla questione legata alla seconda serie. Il Palmaflor, come prima accennato, abbandonerà la Primera Division ma in Bolivia non esiste una serie B: la massima serie (che per ragioni di sponsorizzazione da un decennio è la Liga Tigo) non prevede la retrocessione [2] e il solo gradino “inferiore” è la coppa Simon Bolivar, organizzata dalla Anf (Asociación Nacional de Fútbol) e articolata in sette gironi da tre squadre ciascuno comprendenti società semiprofessionistiche e di base.
 
Ma ancora una volta, in pieno stile Costa, non è stato né annunciato nulla, né lasciata trapelare alcuna informazione. 
 
NOTE

[1] Le accuse giunsero dal presidente della Fabol (associazione dei calciatori) Erwin Romero

«Un paio di anni fa pensavamo di aver toccato il fondo […] pensavamo di non poter andare peggio e invece nulla è impossibile e ora siamo molto peggio di prima. È di dominio pubblico che il narcotraffico ha trafitto il nostro calcio e la stessa federazione ha denunciato l’esistenza di possibili reti di scommesse illegali e partite truccate».

[2] Esiste la “discesa diretta” e “indiretta” per cui vengono sommati i punti totali realizzati nel girone di apertura e clausura 

 

Corruzione e sospensioni ai campionati professionistici: la lunga notte del calcio in Bolivia

Nel complesso sportivo “Camoco Chico”, nella zona del Macrodistrito Maximiliano Paredes, le attività legate allo sport di base si susseguono incessanti. Ad ogni ora del giorno è possibile vedere le squadre di calcio femminile che si allenano, i bambini (coi loro cappelli per proteggersi dal sole ustionante che batte a 3600 metri d’altezza) che si dispongono in campo secondo le indicazioni dei loro allenatori, atlete e atleti nelle piste poste al lato della struttura. Capita anche di vedere qualche partita ufficiale del variegato mondo dilettantistico-amatoriale di La Paz: oltre alle attività che in Italia verrebbero considerate “di base” (scuola calcio e campionati conseguenti per adolescenti a diversi livelli di capillarità territoriale) si tengono anche le leghe seniores, ovvero per chi ha compiuto dai 37 anni in su. Insomma: calcisticamente parlando tutto sembra scorrere in quella che è a tutti gli effetti una tranquilla, fresca e assolata giornata di metà settembre.

Il punto è, sempre calcisticamente parlando, che la Bolivia ha evidentemente vissuto tempi migliori per quel che riguarda il mondo del professionismo legato al calcio a 11 maschile. Da metà agosto tutti i campionati professionistici, compresa la Liga (cioè la massima serie) sono stati interrotti: stop totale. Un mese nefasto per il calcio boliviano che già da tempo languiva e non godeva di buona salute a causa di dichiarazioni incrociate tra presidenti ed esponenti di primo piano delle federazioni calcistiche di calciatori e dell’organizzazione generale.

La punta dell’iceberg è stata rivelata il 30 agosto [2023] quando il presidente della Federazione boliviana di calcio, Fernando Costa, ha convocato una conferenza stampa denunciandoma senza fare nomiuna ramificazione piuttosto articolata di corruttela alla base del calcio boliviano. Stando al quotidiano del vicino Perù «La Repùblica» il presidente Costa ha denunciato «tangenti e partite truccate» dietro cui si nasconderebbe «una rete di corruzione composta da dirigenti, ex dirigenti, calciatori e arbitri». In Europa «El Paìs» ha parlato apertamente di «terremoto nel calcio boliviano», a proposito della conferenza della Federazione calcistica tenutasi nella città di Santa Cruz. Ma come ogni avvenimento imponente, le cause sono da ricercare prima del fatto accaduto.
Un altro passo indietro è necessario. 

Partite truccate: la piovra e la cupola

Il primo a dichiarare pubblicamente un fatto simile è stato l’ex presidente boliviano Evo Morales Ayma, ora presidente del Palmaflor (modesta squadra di bassa classifica) che rappresenta un mondo piuttosto influente in Bolivia: i cocaleros. A fine 2022 Morales diventa presidente della squadra di Cochabamba e da quel giorno detiene la doppia carica di presidente del sindacato dei cocaleros (cioè i coltivatori di coca) e della squadra di calcio la cui proprietà è riconducibile all’organizzazione di cui sopra. Il 30 agosto Federico Molina su «El Paìs» scriveva: «Morales, per conto del Palmaflor, aveva dichiarato che la sconfitta di Coppa [contro il Blooming] si sarebbe verificata a causa del “gioco al ribasso” di alcuni giocatori» prima del fischio d’inizio. Parrebbe un’accusa di combine. Molina ha ricordato che queste parole sono state pronunciate dall’ex presidente boliviano nell’ambito delle interlocuzioni tra la federazione calcistica boliviana e l’organizzazione sindacale di cui Morales è presidente riguardo la mancata erogazione degli stipendi ai giocatori del Palmaflor. Accusa e fuoco incrociato. Un litigio, quello tra Palmaflor e Blooming, che non ha mai smesso di cessare: nel marzo di quest’anno le due compagini si sono rese protagoniste della prima partita al mondo durata per tre tempi anziché due, con la terna arbitrale che ha concesso 42 minuti e 11 secondi di recupero. «Niente giustifica il recupero così imponente» commentava «Espn», portale digitale sportivo panamense il giorno successivo della partita: il Blooming stava conducendo la gara ma tra VAR, discussioni tra giocatori, sostituzioni che sarebbero durate un tempo molto più lungo del normale, si è arrivati a disputare tre tempi. Tra pozzanghere e pioggia incessante, decisioni dubbie e tensione alle stelle, la terna arbitrale (tutti paceños) è stata successivamente sospesa. Stessa sorte è toccata al personale addetto al Var (della federazione di Cochabamba). A tal proposito, Morales si è sentito in obbligo di rivelare che qualcosa non stava andando per il verso giusto, o che comunque avrebbe dovuto funzionare diversamente. I quotidiani boliviani allora avrebbero parlato di “presunta mafia”, un termine che riesce ad essere universale anche a distanze siderali dall’Italia. Che Morales abbia messo semplicemente le mani avanti? Non ci è dato saperlo. Almeno non ora. Secondo il quotidiano digitale «la Opiniòn»: «A metà agosto, il presidente del Club Palmaflor del Trópico [Morales] ha affermato pubblicamente che “ci sono giocatori che si accordano per truccare le partite”», il riferimento è al confronto di coppa col Blooming. E ancora si legge: «“Ho delle informazioni, purtroppo non tutti i calciatori sono corretti. Ci sono alcuni che negoziano sottobanco”».

Poi, il proverbiale patatrac.
La Federazione sindacale dei calciatori professionisti boliviani (Fabol), proprio nei giorni di massima tensione di fine agosto, ha respinto la dichiarazione in un comunicato ufficiale, ha chiesto a Morales di provare concretamente le affermazioni esternate, si è dissociata dalle parole dell’ex presidente ma ormai si era sul piano inclinato in cui la biglia può solo schizzare verso il basso.
Fernando Costa ha dato l’annuncio della sospensione del campionato: provvedimento sostenuto con 14 voti favorevoli, 1 astenuto e 2 contrari tra i club partecipanti alla massima serie [17]. Tutto annullato: coppa e campionato di clausura. La classifica congela The Strongest prima, Nacional Potosì al secondo posto, Bolivar al terzo e Always Ready di El Alto al quarto.

«Un paio di anni fa pensavamo di aver toccato il fondo», recita il comunicato di Erwin Romero, presidente della Fabol, «pensavamo di non poter andare peggio e invece nulla è impossibile e ora siamo molto peggio di prima. È di dominio pubblico che il narcotraffico ha trafitto il nostro calcio e la stessa federazione ha denunciato l’esistenza di possibili reti di scommesse illegali e partite truccate». Possibili, ma ancora non certe. Si attendono, ora, i verdetti della Fifa, interpellata dal presidente Costa, e della Conmebol per sapere se e quando il campionato possa riprendere e in che condizioni.

Riecheggiano i fatti del novembre 2018 nelle parole di Romero. In quella circostanza la federazione chiese aiuto alla Fifa per sanare una situazione emersa direttamente in campo: Pedro Chàvez, calciatore paraguaiano allora in forza al Guabirá, disse ad un rivale come tutti sapessero che le scommesse erano affare del Real Potosì. Le dichiarazioni fecero il giro di tutto il mondo, finirono anche su «El Paìs»: «[i giocatori] Non vengono pagati da quattro o cinque mesi e rischiano la vita nelle riunioni». Chavez ritrattò, il Potosì non ammise nulla e anzi rigettò le accuse.

¡Vergonzoso!

Già Carlo Emilio Gadda nel “Pasticciaccio” descriveva che una catastrofe non è mai «la conseguenza o l’effetto d’un unico motivo, d’una causa al singolare». La verità è che una catastrofe porta con sé «come un vortice, un punto di depressione ciclonica nella coscienza del mondo, verso cui hanno cospirato tutta una molteplicità di causali convergenti». Vien da sé, alla luce di quanto letto, che lo scandalo più imponente dell’ultimo decennio che ha investito il calcio boliviano non poteva arrivare in un momento peggiore: il 14 settembre la verde doveva disputare una partita importantissima valida per le Qualificazioni mondiali allo stadio “Siles” di La Paz contro i campioni del mondo dell’Argentina. La partita finisce 0-3 per l’albiceleste (senza Messi) e nemmeno l’altitudine (lo stadio è a 3.600 metri d’altezza) ha giocato a favore della rappresentativa boliviana. Débâcle su tutta la linea. Durissimo il giornale «El diario» il giorno dopo la pesante sconfitta: «la selezione boliviana è la peggiore delle Qualificazioni sudamericane per il Mondiale del 2026. In due partite un solo gol fatto e ben otto subiti. Gli errori dei giocatori durante la partita sono stati una costante di una squadra disordinata, improduttiva e senza la minima attitudine alla motivazione. A tutto questo si aggiunga il poco criterio dell’allenatore che non ha pianificato correttamente la partita». L’ultima volta che la nazionale della Bolivia ha partecipato ad un torneo internazionale è stato nel 1994, da allora sembra non avere fine la lunga notte che tormenta il calcio boliviano.