La rivoluzione non è un pranzo di gala [però manco a fa’ così]

Quando eravamo in Bolivia, tra le varie cose strane [1] che abbiamo visto, una ha suscitato in me una profonda illusione per una manciata – pur ridotta – di tempo. In uno dei vari spostamenti tra La Paz e la città di El Alto, capitava sovente d’imbattersi in persone vestite di rosso da cima a fondo che urlavano cose al megafono.
Così, al lato della strada, mentre passanti ignari non davano troppo peso alle parole di chi (uomo o donna che fosse) stesse brandendo il megafono. Nessun dubbio agli occhi di me occidentale che guardavo la scena: era un compagno a cui i duri cuori impietriti dal capitalismo non stavano prestando ascolto.

Una volta a La Paz, nella zona centralissima vicino al mercado de las brujas, a calle linares, ho visto un uomo sulla trentina che stava megafonando.
Con la mano sinistra brandiva il megafono mentre con la destra teneva un foglio a cui, di tanto in tanto, buttava un occhio: non poteva trarmi in inganno, era chiaramente un militante e dovevo scoprire a quale gruppo appartenesse.  «Se è vestito così – pensavo – sicuramente sarà un maoista, o comunque un marxista-leninista».
Lascio che il battito del cuore segua un ritmo più occidentale di quello boliviano, per di più dopo aver percorso una strada in salita: «el gringito falta de oxigeno».
Lo osservo mentre cerco di distinguere le parole che giungono gracchianti al mio apparato uditivo.
«Una nueva transformacion», diceva. Però poi aggiungeva anche «oferta masiva para tu almuerzo».

Possibile?

Mi avvicino ancora.

Era la divisa rossa dell’azienda “Pollos Copacabana”. E quello che teneva nella mano destra era il menù del giorno con relative offerte.
La nueva transformacion che declamava gracchiante – ma con voce piena – era relativa al gusto sabrosissimo del pollo in vendita.

La rivoluzione non è un pranzo di gala, dice il detto maoista, e certamente non è un pollo broaster.

Però manco a fa così.

[buon anno!]

[1] qui la prima e la seconda puntata.