«Esiste un piano Usa per spaccare il Mas dall’interno», ma è Morales ad aver cominciato

«Le informazioni trapelate dall’ambasciata Usa in Bolivia mostrano chiaramente che esiste un piano per la ri-colonizzazione del nostro paese. E questo sarebbe possibile andando alla rottura del Mas per cercare di candidare un outsider alle prossime elezioni per conto del Mas».
Evo Morales, Presidente del Mas-Ipsp e autoproclamatosi candidato del partito per le elezioni del 2025, legge pubblicamente un documento «siglato il 18 aprile dall’ambasciata degli Usa in Bolivia», ha assicurato, nel corso della manifestazione di ieri [17 agosto 2024] a Caranavi (piccola cittadina nella regione de las yungas a nord est di La Paz).

«Stanno cercando di spaccare il Mas per prendersi il litio e le terre rare del nostro paese, hermanos», dice Morales leggendo il documento  e arringando la folla ammutolita in religioso silenzio. «Eso nunca, Evo! [Questo non succederà mai, Evo!]», urla qualcuno: la tensione si rompe fragorosamente in un applauso in sostegno a Morales. Il discorso continua e si conclude in una festa nella cittadina yungeña.

Dopo le tensioni verificatesi nel partito a seguito dell’annuncio della sua candidatura, nonché dopo aver di fatto – spaccato in due il Mas tra evisti (tendenza di sostenitori e fedelissimi di Evo Morales) e arcisti (tendenza di sostenitori del Presidente boliviano Luis Arce Catacora e del vicepresidente David Choquehuanca), Morales sembra aver preso in mano la situazione e sta calando tutti gli assi che ha in mano.

Un candidato outsider?
Questa sarebbe la rivelazione resa da Evo Morales mentre parlava dal palco allestito per la manifestazione svoltasi a Caranavi. L’obiettivo dei gringos sarebbe il medesimo di sempre: appropriarsi delle ricchezze della Bolivia, specie nella fase attuale in cui l’occidente politico ha sempre maggior necessità non già di idrocarburi, quanto di terre rare e litio. Materie di cui la Bolivia è indubbiamente molto ricca.

Un candidato terzo che non proverrebbe dalle fila del Mas sarebbe il colpo di teatro «dell’impero nord americano», nonché di parti della borghesia boliviana: dopo il tentato golpe che ha coinvolto settori deviati dell’esercito e dello Stato maggiore boliviano, gli Usa – sostiene Morales – si starebbero preparando a «spaccare il Mas dall’interno».

Chi spacca cosa?
Uno scenario di intromissione nel processo elettorale di un paese sudamericano non rappresenta, nei fatti, una novità per la politica internazionale. Non serve riesumare la dottrina Monroe nella sua riformulazione rooosveltiana (così come pure ha ricordato Morales dal palco di Caranavi), basti pensare ai colpi di stato palesemente eterodiretti dagli Usa nella regione. Il golpe nei confronti della prima vittoria di Hugo Chavez in Venezuela, per rimanere nei primi anni del nuovo millennio, ne fu un chiaro esempio.

Sebbene sia del tutto plausibile, tuttavia la spaccatura del Mas non sarebbe da imputare a nessun altro se non a Evo Morales stesso.

Ad ottobre dello scorso anno [2023], Evo Morales ha tentato il colpo di mano sul Mas, di cui è tutt’ora Presidente, come già ricordato (la carica giuridicamente più importante) convocandone la parte del partito a lui fedele in un congresso-farsa nel dipartimento di Cochabamba, nella cittadina di Lauca Ñ e da lì è cominciata a venir giù la metaforica e proverbiale slavina. Il partito si è spaccato e ora esistono due Mas che sono letteralmente l’uno contro l’altro.

Il comizio di Evo Morales a Caranavi | 17 agosto 2024 | Fonte: pagina Facebook Evo Morales Ayma.
Il comizio di Evo Morales a Caranavi | 17 agosto 2024 | Fonte: pagina Facebook Evo Morales Ayma.

Casus belli
Si aggiunga la questione della cosiddetta auto-proroga dei giudici: il Presidente Arce sostiene la proroga dei giudici di quella che in Italia chiameremmo Corte Costituzionale e che invaliderebbe la candidatura di Morales alle presidenziali. Non essendosi ancora tenuta la votazione popolare che sostituisca i membri decaduti a dicembre 2023, il Governo li ha prorogati de facto.
Evo ha mostrato i muscoli e ha proceduto con i suoi mezzi: blocchi stradali in tutto il paese. Dal 22 gennaio a metà febbraio [2024] i sostenitori di Morales (che guida la sua corrente dal fortino di Cochabamba) hanno paralizzato le principali strade e autostrade del paese, in particolare l’arteria Oruro-La Paz, attuando blocchi stradali, interrompendo commerci, trasporti pubblici e privati. Secondo Gary Rodriguez, portavoce dell’Ibce (l’Istituto boliviano per il commercio estero), in quei giorni «l’economia boliviana ha perso circa 75 milioni di dollari al giorno». Ma la faccenda non si è conclusa neanche in quel caso.
Se Morales ha convocato il congresso ad ottobre [2023], riconvocandone poi un secondo nel marzo [2024] (chiamato ampliado), Arce ha risposto chiamando l’assemblea congressuale a El Alto nel mese di maggio. Per l’amministrazione e la burocrazia boliviana, però, nessuna delle convocazioni è giuridicamente valida: nessuna delle assemblee è stata riconosciuta come propria del Mas così come nessuna ha avuto il placet per la registrazione del nuovo statuto che entrambe le parti hanno riscritto in separata sede.
Nel corso di questo braccio di ferro politico si è inserita la divisione all’interno di ogni singola organizzazione sindacale, sociale e interculturale che orbita attorno al partito, tanto che il 2 marzo il grande incontro (in aymara: Jach’a Tantachawi) tenutosi a Oruro e promosso dal Conamaq (il consiglio nazionale delle popolazioni indigene del Qullasuyo) è terminato a pugni e sediate, con tanto di intervento della forza pubblica. E sì che l’organizzazione doveva scegliere un nuovo rappresentante tra due entrambi del Mas. Manco a dire ci fossero davvero esponenti outsider o della destra.
I rapporti tra le due ali del Mas sono andati deteriorandosi sempre di più quando ad inizio giugno [2024] il presidente del Senato Andronico (Mas, vicino a Morales), in sostituzione al presidente assente e al vice Choquehuanca in missione all’estero, ha fatto in modo di far approvare la destituzione dei componenti del tribunale che invaliderebbero la candidatura di Evo nel corso di una seduta parlamentare. Le elezioni popolari non sono state, tuttavia, ancora indette e la proroga dei giudici continua ad esserci de facto. L’azione di Andronico non ha fatto altro che inasprire ancora di più le parti in lotta nel Mas e nella società boliviana.

E ora?
Forse dopo il tentato golpe ai danni della presidenza di Luis Arce Catacora, la Bolivia dovrà davvero fare i conti con il peso specifico dell’autocandidato Evo Morales. In questi mesi (quasi una gestazione) la società boliviana si è atomizzata ed è stata polverizzata a tal punto che risulta verosimilmente impensabile che le due parti in lotta all’interno del Mas possano siglare un accordo di tregua, sedendosi pacificamente attorno ad un tavolo per concludere delle trattative.
E i candidati alle elezioni del 2025 continuano a essere due: Evo Morales e Luis Arce.

Pubblicato su La Rinascita – delle Torri

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