Primo Def (cioè il Documento di economia e finanza) per il governo guidato da Giorgia Meloni a 173 giorni dal giuramento davanti al Presidente della Repubblica al Quirinale.
Il Consiglio dei ministri ha approvato il documento e presentatolo durante la conferenza stampa di martedì 11 aprile alla presenza della Primo ministro Giorgia Meloni e del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano.
Cuneo fiscale sì, forse
O meglio, non nel breve termine. Secondo le intenzioni del Governo il famigerato “taglio del cuneo fiscale” (ormai una Fata Morgana che aleggia minacciosa al di sopra di ogni esecutivo da un paio di decenni a questa parte) dovrebbe poter avvenire ma «con un provvedimento di prossima adozione» come pure recita il comunicato pubblicato dal Governo a margine della conferenza stampa. «Nel breve termine, si opererà per sostenere la ripartenza della crescita segnalata dagli ultimi dati, nonché per il contenimento dell’inflazione – si legge nel comunicato –. Il mantenimento dell’obiettivo di deficit esistente (4,5%) permetterà di introdurre, con un provvedimento di prossima adozione, un taglio dei contributi sociali a carico dei lavoratori dipendenti con redditi medio-bassi di oltre 3 miliardi a valere sul periodo maggio-dicembre di quest’anno». Da dove derivano quei soldi? Secondo l’adagio bizantino-economicista, proverrebbero della divaricazione che si aprirebbe tra deficit tendenziale e programmatico. L’interstizio, cioè, tra il 4,25% e il 4,5% del Pil.
La replica della stampa, in particolare di «Repubblica» di mercoledì 12 aprile, è netta:
«Provvedimenti gravosi e per adesso senza copertura, a meno che Meloni non scelga di aprire un clamoroso fronte con l’Europa sul deficit, sforando la soglia del 3,7% proprio nell’anno in cui entra in vigore il nuovo patto di stabilità. Improbabile, rischiosissimo. L’alternativa è trovare all’interno del bilancio le risorse per coprire le promesse elettorali. Tradotto: risparmi di spesa e, quindi, tagli» [1].
Poca scelta, sembrerebbe, a leggere Tommaso Ciriaco e Valentina Conte.
Ripasso: cosa significa “cuneo fiscale”?
L’espressione sta ad indicare – in estrema sintesi – la differenza tra stipendio lordo e netto percepito dal lavoratore. Cioè la somma di imposte che gravano sul costo del lavoro sia da parte del datore di lavoro (azienda privata o stato), sia rispetto ai lavoratori autonomi o liberi professionisti, nonché sui lavoratori dipendenti. È uno degli argomenti su cui le maggioranze si sgretolano e diventano fluide [2], su cui si cerca il consenso e che viene proferito dalle labbra dei capi di governo a mo’ di cinghia di trasmissione con l’elettorato. Almeno, da quando s’è iniziato a chiamarlo così.
Pil e coperta corta
I lettori di «Atlante» avranno letto l’attenzione che il nostro giornale ha riservato alla Legge di bilancio di fine 2022. Nel corso di quei mesi convulsi, in cui si sospettava lo spettro dell’esercizio provvisorio, il governo rilasciava dichiarazioni alla stampa asserendo l’improbabilità di poter (o dover) turbare mercati e istituzioni europee. L’importante era rassicurare, anche perché la coperta era proverbialmente corta, come ebbe a dire – ripreso dai giornali più venduti nel Paese in quel periodo – il ministro per i rapporti col Parlamento Luca Ceriani:
«Purtroppo abbiamo una finanziaria con pochi spazi di manovra, ma il governo ha l’ambizione di durare cinque anni».
I margini sono stretti ma i dati e le previsioni sul Pil sembrano rassicurare Meloni, governo e maggioranza, sebbene venga dato «in frenata» [3]:
«Se infatti il Pil di quest’anno viene rivisto in leggera crescita, all’1% come obiettivo programmatico rispetto allo 0,6% fissato lo scorso novembre e allo 0,9% tendenziale, per il 2024 la correzione è invece al ribasso: l’obiettivo di crescita è posto infatti all’1,5% contro il precedente 1,9%» [4].
Pareri positivi giungono dal Presidente dell’Accademia dei Lincei Alberto Quadrio Curzio, intervistato da Claudio Landi di «Radio Radicale», per cui le percentuali del prodotto interno lordo configurano tre dati molto importanti. Il Presidente ha affermato:
«Il primo fattore [è quello legato alla] manifattura: va bene e continua ad esportare […]; secondo: i servizi e il settore del turismo stanno andando benissimo, recuperando e superando i dati del 2019; terzo: la carenza di manodopera è evidente e la quantità di posti da occupare, soprattutto nel settore dei servizi, è impressionante» [5]. Sarebbe da indagarsi sul “come”, ma questa è un’altra storia. Per Quadrio Curzio, ad ogni modo, c’è anche un altro fattore riguardo il rapporto deficit/Pil per cui se dovesse venir prefigurato attorno al 4,3%, sebbene «sia presto per dirlo», bisognerà vedere cosa accadrà dopo.
E il “dopo” si chiama: rinnovo del patto di stabilità con l’Ue e Pnrr, per cui (a proposito del piano di ripresa e resilienza) il presidente dell’Accademia dei Lincei non va oltre la definizione di «grosso problema per il governo» [6].
Natalità
«Dalla prossima legge di bilancio bisogna porsi con concretezza il problema del calo demografico e delle nuove nascite, con misure adeguate», ha detto la Presidente Meloni in conferenza stampa, sebbene di questo tema non vi sia traccia nel comunicato ufficiale diramato dagli uffici di Palazzo Chigi [7]. Dunque il tema è rimandato alla prossima legge di bilancio: fine 2023. Nessuna traccia, si diceva, ma il tema viene ripreso dai quotidiani e dalle agenzie che si involano in titoli ed articoli a riguardo, a cui sono seguite le reazioni della politica plaudente.
Rimane l’incognita del “come” – e lo si vorrebbe fare proprio a partire da questa sede – magari ponendo l’attenzione alle dichiarazioni dei componenti del Governo, in primo luogo parafrasando le parole del Ministro Valditara che dava per scontata la denatalità tendenziale dei prossimi anni. Dunque annunciando meno assunzioni di insegnanti. Che ci siano più linee nel governo e che, come tutti i Salmi che finiscono in “Gloria”, poi spetti a Meloni trarre la sintesi giornalistica, politica e mediatica, parrebbe evidente. Resta difficile conciliare entrambe le posizioni per cui non pare ci sia stato gruppo parlamentare che abbia sollevato l’aporia che prevederebbe l’annunciato (futuro) incentivo alla natalità con il mancato investimento conseguente, o il quadro del lavoro precario permanga immutato. Non un fattore secondario.
Certo è che il dibattito a riguardo è tutto da rimandare al potenziale scontro che prefigurava «Repubblica» di mercoledì e il presidente Quadrio Curzio. Hic Rhodus, hic salta!
Pubblicato su Atlante Editoriale: https://www.atlanteditoriale.com/it/macrotracce/it-natalita-con-precarieta-il-nodo-gordiano-di-giorgia-meloni/
Note:
[1] E che, ad ogni cambio di governo, ne dà per certa la cesura. Mario Sensini sul «Corriere della Sera» dell’11 gennaio 2020, riportando le parole dell’attuale sindaco di Roma, allora ministro, Roberto Gualtieri, dava per imminente tale taglio.
«Lo ha detto ieri il ministro dell’economia Gualtieri, alla Camera, annunciando, tra l’altro, l’imminente varo del decreto sul taglio del cuneo fiscale (circa 500 euro in più nel 2020 ai dipendenti con redditi fino a 35mila euro lordi)»
Mario Sensini, Gualtieri: entro gennaio decreto sul taglio al cuneo fiscale, 11 gennaio 2020, «Corriere della Sera».
[2] Tommaso Ciriaco; Valentina Conte, Risorse azzerate per pensioni e flat tax. Ora tagli o altri debiti. Europa in allerta, 12 aprile 2023, «la Repubblica».
[3] Enrico Marro, Cuneo fiscale, taglio di 3 miliardi. Meloni: «Misure per la natalità», 12 aprile 2023, «Corriere della Sera».
[4] Enrico Marro, Cuneo fiscale, taglio di 3 miliardi. Meloni: «Misure per la natalità», 12 aprile 2023, «Corriere della Sera».
[5] Claudio Landi, Intervista ad Alberto Quadrio Curzio sul primo Def di Giorgia Meloni, 11 aprile 2023, «Radio Radicale».
[6] Claudio Landi, Intervista ad Alberto Quadrio Curzio sul primo Def di Giorgia Meloni, 11 aprile 2023, «Radio Radicale».