Óra.

È uscito un nuovo libro di Giovanni Lindo Ferretti, è stato dato alle stampe molto recentemente, ancora non giunto in molte librerie. Però alla stazione Termini c’è un po’ tutto. Anzi: senza “un po’”. 

Il viaggio che mi aspetta, che taglia da parte a parte l’Italia, replicando la linea Gustav ma partendo da Roma, ha già “Il maestro e Margherita” a farmi compagnia.

Però trovargli un fratello, Óra, è «cosa buona e giusta». 


Molti reputano terrificante la svolta ultra cattolica e iper reazionaria di Ferretti.

E hanno ragione: lo è.

È terrificante sapere che la critica del “produci consuma crepa” sia diventata, sommando i decenni, “difendi conserva prega”. 


Aliberti, dunque, per la collana “libri della salamandra”, pubblica il nuovo “Óra” di Ferretti.

Pensieri, ricordi, parole e preghiere del Giovanni Lindo Ferretti che fu, era ed è. 

Il libro scorre via interamente nel tempo del viaggio: i treni regionali portano con sé il grande pregio dell’invito alla lettura. 
Un pregio che non sanno di avere, per la verità. 

Ferretti è del tutto un’altra persona, ovviamente: condanna il suo passato in modo irreversibile. 
Così come, dice lui ora, aveva abbracciato il suo tempo con ingenuità ripetendo slogan, ora s’è dato al clericalismo puro e intransigente.

E anche questo lo sappiamo benissimo.
Il libro in sé non è nient’altro che un’operazione editoriale: inutile classificarlo con altre parole.

Ha delle perle perché sono i suoi ricordi che impreziosiscono il vissuto, ma si tratta di un ripercorrere anni di carriera per mezzo delle preghiere, in sostanza. Non risparmiando critiche al clero a sua detta troppo civilizzato a cui manca spiritualismo e, quasi, dottrina nella prassi.

Ortoprassi prima di ortodossia, in fondo lo ha scritto anche l’autore di e in queste pagine.

Personalmente, ho iniziato ad ascoltare i Cccp/Csi/Pgr grazie a Valerio all’età di 14 anni. In questi sedici anni, tanti se vissuti anche se storicamente sono pochi, mi sono fatto l’idea che, in fondo, Ferretti è un concetto che muta e che non sa neanche lui come interpretarlo e interpretarsi, capirsi.

E questo libro non si discosta affatto dall’ondivago: 

«Quando prego poi sto bene, comunque meglio. Se non prego è comunque peggio, ma ve l’ho già detto: sono stupido, debole, non aspettatevi granché ne rimarrete delusi»,
scrive Ferretti alternandosi alle strofe del Te Deum

Adesso è così e finirà così: sotto braccio alla Meloni e amico di CL; intransigentemente reazionario e ottusamente bigotto.
Spirituale sì, ma non con quella spiritualità che aveva nei CSI o al concerto di Montesole dei PGR.

Contestatore, anche, ma del sé stesso pubblico che non è caduto nell’oblio come avrebbe voluto. 
E non è finita. 
È tutto quello che io ho e non è ancora

finita

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