iPhone 3gs, il mio primo smartphone. Acquistato usato ricondizionato da un tizio che me lo aveva venduto al centro commerciale di porta di Roma. Lo pagai 250€ quando già era in voga il 4. Praticamente un salasso: avevo appena terminato il terzo liceo classico (ovvero il quinto superiore). Poi, un turbinìo di nomi e codici, sistemi operativi che non ci sono più (Windows Phone), altri iPhone, altri Android, tentativi di modding andati abbastanza male. Inutile stare qui a commentare come questi strumenti ci abbiano completamente distorto la percezione del reale e stravolto l’esistenza, tanto in senso coercitivo-costrittivo quanto in quello della “comodità”.
Tuttavia è proprio da questi fattori che questo post trae la sua ragion d’essere, così come il secondo tentativo.
Per cercare di dare lo scacco matto all’assuefazione e vivere un po’ scomodi, scardinando il canone sopra accennato di comodità.
Primo tentativo
Due anni fa ho tentato l’esperimento di eliminare l’account Whatsapp e la connessione h24 tout-court. Tagliare il filo di netto e con necessario distacco. La conseguenza è stata la disconnessione, spesso, anche di alcune relazioni personali i cui contatti si sono allentati o, in alcuni sporadici casi, completamente azzerate. La motivazione dell’annullamento di alcuni rapporti è stata attribuita alla mia assenza sulla popolare applicazione di messaggistica istantanea e, di conseguenza il non poter essere contattabile immediatamente per qualsiasi genere di iniziativa o assemblea o evento in generale.
Non essere “online” significa(va) venire esclusi aprioristicamente.
Come a dire: sei tu che ti sei escluso, non è che posso perdere tempo a chiamarti. Non andrò a toccare la questione riguardo il contesto lavorativo perché, com’è successo, dichiarare la propria disconnessione ha fatto sì che venissi subissato da critiche, reprimende (non richieste) e rimbrotti morali spesso fuori luogo. Baldanzosi docenti di scienze motorie che ti invitano a “essere meno radicale” perché «è inutile ed è un danno arrecato al consiglio di classe non avere Whatsapp».
Ma questa è un’altra storia.
Messo da parte un po’ di tardivo risentimento arriviamo al punto della questione.
Secondo tentativo
Ci riprovo. O meglio, stante la situazione per cui, a causa (letteralmente) di vari motivi mi sono trovato costretto ad avere nuovamente Whatsapp nel corso di questi due anni, ho deciso di riorganizzare l’iniziativa personale: non ne cancellerò l’account e lo manterrò connesso alla sola versione web che, ora, è possibile utilizzare anche a smartphone spento o non connesso direttamente a internet.
Con me porterò lui.
Quindi, ecco, ad essere reperibile lo sarò senza dubbio, ma su Whatsapp lo sarò un po’ meno.
Lo controllerò, interagirò e risponderò ma in dosi omeopatiche. Mitridatizzandomi il giusto, se possibile.
La disconnessione è un tema che mi seduce, se è lecito utilizzare questo termine, data l’evidente impossibilità di rimanere lucidi, distaccati, raziocinanti e sempre-connessi.
Riprovarci in modalità meno netta in termini di distacco con la connessione, seppur formalmente, è più che doveroso.
Ovviamente il blog continuerà, più di prima, ad essere vettore di post, polpettoni, articoli e via dicendo.