Roma brucia, o meglio: brucia l’immondizia della Capitale producendo una coltre di fumo altissima per cui il Sindaco Roberto Gualtieri ha imposto un’ordinanza restrittiva emergenziale. Da ieri [17 giugno 2022] sono state imposte altre 48 ore di emergenza, prorogando le altrettante già emesse a ridosso dell’incendio: sospensione delle attività didattiche, educative, sportive, così come delle scuole dell’infanzia e dei centri estivi; divieto di pascolo e di consumazione di alimenti nell’area interessata (per un raggio di 6km dal luogo).
Il fatto
La cronaca risulta essere impietosa, le agenzie stampa monitorano la questione incessantemente, tuttavia di fronte a quel che viene riportato non c’è molta positività da trarre: «da tre a sei mesi per accertare le cause dell’incendio, tempi che la Procura di Roma ha stabilito nella maxiconsulenza affidata ai carabinieri del Noe per accertare le cause dell’incendio avvenuto» nella discarica di Malagrotta, impianto già sottoposto in stato di amministrazione giudiziaria. A riportarlo è l’agenzia Ansa, e ancora: «dopo mercoledì [15 giugno 2022 n.d.r.] i valori delle diossine sono molto alti ma nei limiti indicati dall’Oms pur evidenziando la presenza di una ‘fonte di emissione’».
5mila tonnellate di ‘monnezza’ al giorno
Il Tmb (Trattamento meccanico biologico) di Malagrotta raccoglie circa 5.000 tonnellate di rifiuti a settimana, al momento immediatamente antecedente l’incendio lavorava circa 900 tonnellate al giorno, per cui Gualtieri ha chiesto il supporto della società Rida Ambiente di Aprilia: l’accordo si è assestato sulla ricezione di 750 tonnellate di rifiuti al giorno. Stando alle parole di Gualtieri, intervistato da «Repubblica», per Roma si prospetta il seguente scenario: «Dobbiamo realizzare gli impianti di cui si ha bisogno tra cui due biodigestori anaerobici, un termovalorizzatore e tutti gli altri impianti necessari a chiudere il ciclo dei rifiuti all’insegna della sostenibilità, della legalità, della trasparenza».
Termovalorizzatori e propaganda
Al di là della sloganistica verbale prodotta anche – e soprattutto – a seguito di un evento catastrofico, la considerazione su cui si deve porre l’accento è completamente opposta. Perlomeno ad avviso di chi scrive.
Ama, la municipalizzata che gestisce il ciclo dei rifiuti (e non solo) a Roma, è una società per azioni (da cui dipendono un dedalo di società) che detiene anche il 51% di Roma Multiservizi spa. Una struttura, quella relativa ad Ama, che fa in modo di mantenere la forma del controllo totale (100%) della quotazione pubblica da parte di Roma Capitale ma le cui mansioni sono strutturate e divise tra società in liquidazione, private o a partecipazione pubblico-privata. In altre parole: un ginepraio di competenze che genera incompetenze, disservizi e problematiche enormi per la città e chi la abita.
Ama è già privata
A livello di impianti, Ama gestisce il 20% dei rifiuti di Roma: il ritiro degli ingombranti su richiesta, alcuni settori della differenziata, così come gli stessi impianti, sono appaltati a società che lavorano per conto della municipalizzata. Nei fatti, Ama è privata.
Questa situazione, però, vede dissolversi volontariamente nelle considerazioni prodotte dalla politica romana e nazionale. Ecco tornare sulla cresta dell’onda le dichiarazioni riguardanti le necessità di un termovalorizzatore, tanto da parte di Gualtieri, quanto da parte delle altre forze politiche liberal-democratiche come Azione/Calenda (già candidato sindaco, già Ministro) che torna a battere sul termovalorizzatore. La situazione fotografa, boutades a parte dell’attuale amministrazione e di chi voleva prenderne il posto di Primo Cittadino, una impietosa parcellizzazione di competenze: quasi l’80% della gestione dei rifiuti di Roma è in mano ai privati e se l’amministrazione lascia un vuoto tale, il privato lo “riempie” con estrema facilità, avvalendosi pure del supporto del pubblico, cui non par vero di dare in appalto “questioni spinose” che potrebbero incidere sulla tenuta politica e sulle elezioni future.
Nihil novi sub sole
Verrebbe quasi da dire che ‘siamo alle solite’: l’Ama deve concludere il ciclo dei rifiuti non appaltando, o cedendo a soggetti privati, parti della gestione (specie quella terminale) che può far arrivare dei soldi nelle casse pubbliche. Privatizzazione è in totale assonanza con: disservizi, precarietà, licenziamenti, così come la parcellizzazione dei rami d’azienda significa confusione di competenze, impossibilità di fornire un servizio univoco e responsabile.
Più che ai termovalorizzatori a cui tende la quasi totalità della politica nazional-capitolina, servirebbe un controllo meticoloso del ciclo dei rifiuti affidandolo ad una società realmente pubblica posta sotto il controllo dell’amministrazione sotto il controllo dei lavoratori; assumere personale per avere un’irrorazione del servizio più capillare opponendosi alla logica dei tagli per cui si affidano le mansioni “razionalizzate” ad altri lavoratori pagati meno, appartenenti a società terze e così via.
Ma sappiamo già che quanto scritto verrà ignorato e aprioristicamente considerato come anacronistico.
Pubblicato sul sito del Partito comunista dei lavoratori: https://www.pclavoratori.it/files/index.php?obj=NEWS&oid=7253