Cara Borgata,
Se dovessimo raccontare una storia, questa è una di quelle che finisce bene, di quelle che racconti a tua nipote mentre ti chiede: “Zio, cosa c’è scritto sulla tua sacca?”. La prima “vera” stagione in Seconda Categoria della Borgata Gordiani, nonostante le positività, gli stop momentanei del campionato, il virus che ha continuato imperterrito, è andata e la si è lasciata alle spalle con l’ultima vittoria per 2-0 contro il Santa Lucia.
Lo so: c’è sempre, in fondo, chi dirà “Cosa vuoi raccontare? Avete finito il campionato all’ottavo posto: nessuna promozione, metà classifica, di cosa vuoi gioire?”.
È vero, o meglio, quello lì è il commento razionale che non fa in tempo a venir pensato e ragionato che già viene proferito. Atto e potenza insieme, o qualcosa di simile. Tuttavia quando urliamo che avremmo cantato oltre il 90esimo, che un gol a favore o uno contro non cambia l’amore che abbiamo per la Borgata, è proprio così. Nel senso letterale del concetto espresso: sempre avanti.
Ma non facciamo le pulci al campionato: questo piccolo scritto voleva essere uno slancio emotivo e pieno d’amore nei confronti della Borgata. E tale rimarrà.
Partiamo dalla fine. Domenica 29 non sono potuto andare al “Vittiglio” per l’ultima di campionato: dalle foto di Elisa a fine partita noto che Poma ha la maglietta del Clapton FC, una squadra inglese con lo spirito affine a quello granata. Gli mando un messaggio e mi rallegro della sua maglietta indossata in occasione dell’ultima giornata, la sua risposta mi lascia (positivamente) di sasso: “Ci sei mancato”.
Lo stargate mentale comincia a farsi largo tra le circonvoluzioni cerebrali: penso allo scambio avuto giorni prima in sede con Karim e capitan-Zannini: “Non sembra, ma il tempo è passato”. Contano gli anni, tutti, così come le dita appoggiate sul mento stanno a indicare gli infortuni del numero 6. Gli anni passano, uno non se ne accorge: un attimo fa eri al «Corriere Laziale» a pregare che potessi andare a seguire l’Ardita o l’Atletico San Lorenzo, un attimo dopo il giornale chiude e tu inizi a insegnare. Un battito di ciglia e, in occasione di un’altra stagione che parte, ti senti con Emiliano che ti dice: “Noi stiamo qua, perché non passi una volta? Facciamo la Seconda quest’anno!”. Per un motivo o per un altro non lo hai mai fatto ma hai bisogno di votarti di nuovo a quel calcio che ti fa sentire vivo e presente, del freddo sui gradoni, delle birre condivise, dell'”a prescindere” come necessità, condividendo le medesime felicità e angosce allo stesso modo; cercando gli occhi di chi sta dentro il rettangolo verde e provare a carpirne le sensazioni. Hai bisogno di cercare una causa che non avevi più trovato, uno spirito che non avevi più rintracciato, nonostante ti fossi posto in sua ricerca come un moderno-periferico-calcistico Diogene che “cercava l’uomo”.
Sporting Aniente – Borgata Gordiani: partita e inaugurazione della sede. Anno Domini 2021. Quellla giusta. Cassatella insacca agli sgoccioli e fa conquistare tre punti preziosissimi ai granata. Sui gradoni del campo di Via degli alberini incontri nuovamente un po’ persone con cui hai condiviso un percorso – breve o lungo che sia – che temevi di perdere.
Abbracci e baci, birre (manco a dirlo), foto storte, cori e tamburi.
Arrivi a fine partita che vorresti condividere tutta la tua felicità con una persona a caso. Va bene chiunque, l’importante è che ascolti il tuo spirito e le tue parole: “Mi ero dimenticato cosa significasse tutto questo: grazie!”.
Gli metteresti le mani sulle spalle, gliele stringeresti a fine discorso come si fa con chi conosci bene prima del congedo: lui ti ascolterebbe pure ma, incredulo e anche un po’ scosso, ti risponderebbe dicendoti che: “Oh, bello tutto eh, daje Borgata e tutto il resto: ma non è che ce stai a provà? Perché, guarda, la ragazza mia sta là , eh” e te l’avrebbe pure indicata.
Per fortuna non è successo ma è tutto frutto del personalissimo stargate di cui sopra. A parte qualche assenza nelle partite del girone di andata, quello di ritorno te lo fai tutto e impari a conoscere i nomi dei giocatori: ti diverti a fare quello che facevi per il «Corriere», provi a replicarlo prendendo appunti e scrivendo tabellini sempre molto poco accurati a causa dell’evidente impossibilità di mantenere la razionalità e la lucidità durante le partite.
Provi a cogliere dei segnali e gioisci per ciò che vedi: la determinatezza (e la sfiducia) negli occhi di Zannini dopo una partita persa all’ultimo; la foga di Mascioli dopo le punizioni (“Picci, accenni er telefono che mo Moreno segna”, ti dice Emiliano più di una volta); la contrarietà di Brigazzi se l’uomo scappa e i contrasti non vanno a buon fine come vorrebbe; i voli di Poma e il suo meraviglioso fomento (sì, fomento, altra parola adatta non esiste) dopo un rigore parato; il rispetto di altri giocatori che vengono ad applaudire il “muro granata” a fine partita; il mister che – alla giornata di ritorno contro il Vesta – si porta fin sotto alla modesta recinzione e indica, serissimo, Nicchio in piedi sui gradoni. Che vogliano stare a significare forse gratitudine per il lavoro svolto in allenamento, “semplice” amicizia o qualcosa che prelude al passaggio di consegne? Forse c’è un po’ di tutto questo, in realtà chi scrive non lo sa. Cerca di dare un senso a quel che vede, ebbro della Borgata e della realtà che ha saputo costruire in questi anni.
Una stagione è andata, la prossima sarà ancora della Borgata, a prescindere dalla categoria, sempre saldi su poche e indefettibili certezze, cioè essere una squadra che rappresenta un quartiere, con uno stemma sulla maglia. Senza alcun padrone.
Avanti Borgata.
Tuo,
fin quando vorrai.
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