«Prof, ce l’ha instagram?», domanda tutt’altro che innocua: foriera di curiosità ai limiti della “maliziosità stalkerante” di ragazzi adolescenti.
«Non mi troverete mai». Pivello. Tu, davvero, ingenuo e novellino. Improvvisamente sei catapultato dall’essere docente a “laureato all’università della vita”. Mai sfidare dei quattordicenni: ci hanno messo poco meno di un mese, ma alla fine hanno iniziato a inviarmi richieste da parte di quasi tutta la classe.
Ma la colpa è tua, tu che ti nascondi dietro ad un anagramma: di fronte alla volontà maliziosissima – in senso buono, s’intende – e compulsiva del “prof, ce l’ha instagram?”, tutto (de)cade.
C’è da dire che la prima di quest’anno è una classe piena di vita e brulicante di necessaria voglia di interazione, dopo due anni infernali a distanza e a subir meccanismi machiavellici con arguti (ma inutili) cambi di denominazione acronimica da DAD a DDI.
Tutti, ma proprio tutti, atti a voler significare una sola cosa da parte del Ministero: continuiamo a distanza perché non possiamo diminuire il numero degli alunni per classe (sennò tocca assumere docenti, vaderetroSàtana), non possiamo ammettere che abbiamo tagliato così tanto alla scuola e ora ci ritroviamo senza risorse.
Non dondolare la barca: passeggia sul molo guardandole tutte, ma guai a salirci sopra.
Seguendoci a vicenda, assieme a ragazze e ragazzi, abbiamo scoperto lati di noi stessi che non conoscevamo e in particolare una studentessa ho scoperto essere molto attratta dalla filosofia.
Non sa bene cosa sia, effettivamente, sa solo che è qualcosa «che ti aiuta a ragionare»: in ogni storia o post che realizza si firma così: “la filosofia”. «E poi, prof» – mi fa – «credere in se stessi, in parte, è anche filosofia». Due anni di didattica a distanza totale e mista, medie completamente saltate, arriva in prima superiore e ogni tanto il suo insegnante di italiano e latino gli dice qualcosa su Platone, su Socrate, su Schopenhauer e su Marx.
Ecco che la filosofia assume un tratto più marcato: non tanto di “auto aiuto” come poteva concepirla prima la studentessa ma come fattore in sé e per sé.
Perché, in fondo, uno dei grandi inganni dei tempi disgraziati che stiamo vivendo è il seguente: l’assunto che la filosofia non serva più di tanto alla formazione di un essere umano, tanto più che la psicologia ha fagocitato (o almeno così s’è fatto credere ai più) la volontà e l’intenzione di “analisi e introspezione” di ognuno di noi.
Mi ha scritto: «la filosofia ci permette di definire i modi di pensare e di agire dell’essere umano ed ogni modo di pensare e di agire è diverso da ogni persona».
Le ho immediatamente regalato la mia copia de Il mondo di Sofia di Gaarder: è una lettrice, anche se di letteratura cosiddetta “young/adult”, ma ha reagito molto bene a “Sostiene Pereira” di Tabucchi e le è piaciuto molto.
Perché non vedrò la maturazione della mia studentessa e l’elaborazione successiva che sarà propria di una mente in divenire, in formazione, in costante ricerca di sapere per il suo benessere psico-fisico. Non lo vedrò perché per loro quello strano non-più-troppo-giovane-professore è stato la meteora del primo anno di scuola: un supplente è questo, d’altronde.
Una meteora e un tappabuchi.
Chissà se la mia studentessa di prima, la filosofia, amerà davvero i miti platonici, Socrate, Feuerbach, Kierkegaard. Non mi è dato saperlo.
La continuità didattica è lo scalpo agitato dai Ministri come quello dei posti di lavoro da aumentare dal politicante di turno il giorno prima delle elezioni: frasi senza contesto e a cui la volontà conseguente è, ovviamente, del tutto assente.
Il post è visibile anche qui: sul blog “L’ortica” https://orticamagazine.noblogs.org/post/2022/04/22/la-filosofia/