Il 5 maggio cadono due ricorrenze: morte di Napoleone Bonaparte, nascita di Karl Marx.
Due lati della barricata, due opposti.
Ricordarli come si deve è obbligatorio.
«I filosofi hanno finora soltanto interpretato il mondo in diversi modi. Ora si tratta di trasformarlo»
Ricordare, si fa per dire, il primo è bene farlo attraverso le parole di Lev Trotskij nella sua analisi del bonapartismo. Nel bene o nel male, Bonaparte ha spaccato la storia: dalla sua dipartita in poi si utilizzerà la categoria politica che prima veniva citata in corsivo: il bonapartismo. Cioè governare personalisticamente, autoritariamente, mantenendo la facciata del consenso popolare tramite plebisciti. Tagliando – forse troppo – con l’accetta la definizione.
«La sciabola, di per sé, non ha un programma indipendente. È lo strumento dell’ “ordine”. Si fa appello ad essa per conservare ciò che esiste. Elevandosi politicamente al di sopra delle classi, il bonapartismo è sempre stato e resta, da un punto di vista sociale, il governo del settore più forte e più solido degli sfruttatori. Di conseguenza, il bonapartismo attuale non può essere niente altro che il governo del capitale finanziario che dirige, ispira e corrompe i vertici della burocrazia, della polizia, dell’esercito e della stampa».