Dall’osservatorio parziale di docente supplente in un istituto tecnico della periferia nord est di Roma, subito dopo un’ora di supplenza, ho avuto un contatto con una docente di materia giuridica, nonché collaboratrice degli uffici della dirigenza che aveva voglia di attaccar bottone a riguardo. Molto discretamente, accetto di mettermi a disposizione del dibattito.
Entro nella classe per poter posare i miei effetti e uscirne di nuovo per poter iniziare una telefonata. La docente mi chiede che i ragazzi si erano mostrati interessati al funzionamento della piattaforma Rousseau: «Tu sai come si vota?», io rispondo che no, tecnicamente so solo che bisogna effettuare l’accesso al sito internet ma il proprio utente deve essere autorizzato e certificato, ma da chi e come non ne ho la più pallida idea.
L’interlocutore B, subendo un cortocircuito tra langue e parole, afferma: «Quindi tu sei iscritto! Come si fa? Voglio votare anche io!», la docente si mostra incuriosita del fatto di come effettivamente si possa votare e ritiene che tutti possano votare nel quesito (capestro) proposto da Grillo-Casaleggio. Rispondo, cortesemente che, in realtà, sapere come si fa non si traduca effettivamente nell’iscrizione al portale e lascio intendere che non ho interesse a quel tipo di dibattito interno al Movimento 5 Stelle.
Poi la rivelazione della docente, scoperta attraverso l’uso sincrono e coordinato del pollice e dell’indice sullo schermo del proprio telefono, così da ingrandire le scritte della schermata iniziale della piattaforma: possono votare gli utenti certificati prima del 2016.
Sdegno: «Ma questa è un’oligarchia! E io non posso votare? Cittadini, cittadini e nessuno può votare?».
Potremmo spenderci lungamente in discorsi riguardo una professoressa di materie giuridiche, con mansioni dirigenziali, che sia caduta nel tranello del cittadinismo agitato da circa un decennio dal Movimento 5 Stelle: l’aver uniformato, nell’immaginario collettivo, i cittadini tutti in cui chiunque può far riferimento al movimento pur senza farne parte, è una delle grandi illusioni circa la partecipazione digitale e fattiva in quest’era che rifiuta tutte le ideologie tranne una: quella capitalista e del mercato.
Il fatto che tutti i cittadini possano partecipare significa, semplicemente, che chiunque lo voglia può iscriversi al Movimento, votare digitalmente, accettarne le condizioni e via dicendo. Accettando anche il fatto, soprattutto questo, che non si sta parlando di un partito politico bensì di un’associazione governata da tre persone in cui non c’è, tecnicamente, libertà di dissentire rispetto alla linea programmatica definita dal leader/megafono/portavoce/cittadino-portavoce e sue definizioni. Non ci si può costituire in una “tendenza” o cose simili all’interno dell’organizzazione.
Il cortocircuito mediatico è ormai totale: alle parole non si dà tutto il peso e il carico che esse portano con sé, si pensa solo ad interpretare quanto scritto a seconda della propria volontà. Una tendenza pericolosissima che porta all’interpretazione molteplice e ultra relativistica della realtà, così che si possa – erroneamente – interpretare come “opinione” anche un fatto reale e incontrovertibile, come l’ingresso a gamba tesa della finanza all’interno del Governo italiano al fine di gestire il flusso di denaro del “Piano di recupero”. In fondo perché lasciare ad altri le carte?
La militanza cosciente è ben altra cosa rispetto alla volontà pur nobile, da singoli individui, di cambiare le cose: da soli non si riesce a combinare un bel niente. Celebre fu l’affermazione di Luigi di Maio, ai tempi esponente dell’opposizione, rivolta alle lavoratrici e ai lavoratori di Alitalia in egli proponeva di andare in solitaria, ognuno di loro, senza l’ausilio di un’organizzazione sindacale, a trattare con la dirigenza.
Legittimare le solitudini serve davvero a molto poco, se non a fare il gioco del capitale che vuole diviso, disperso, senza coscienza il campo avverso dei lavoratori.
«Vorrei votare contro solo per sfregio, ma non posso: questa è oligarchia» e neanche questo è, purtroppo, vero: una volta legittimata la triade al governo dell’associazione politica pentastellata, si accetta anche il fatto che si possa essere singole individualità che si erano – e sono – espresse per sostenere quella forza politica come vettore unico di cambiamento, delegittimando le altre, oppure, irridendone le posizioni politico-ideologiche come “antiche” o “superate”. Non c’è niente di troppo antico o superato come la volontà di unirsi per immaginare, attivarsi e costruire un avvenire migliore che sia di tutti e per tutti, contro la protervia di chi ha troppo e vuole fagocitare tutto il resto.
Il dialogo di cui sopra ha virato, infatti, rapidamente sul fatto di come una persona possa iscriversi liberamente ad un partito per poter dire la sua nei luoghi opportuni di quell’organizzazione.
E, in effetti, l’unico luogo in cui poter esprimersi è un partito, il partito delle lavoratrici e dei lavoratori, degli sfruttati. E dato che è pure iniziata la campagna di tesseramento, io ve la butto là: iscrivetevi al Partito comunista dei lavoratori e diventate, finalmente, schiera cosciente e organizzata di fronte alla solitudine individualistica di chi ci vorrebbe singole “unità di produzione” e non esseri pensanti.