O tutti o nessuno

A seguito della chiusura della grotta del buco a Tor bella monaca, propagandata dalla sindaca Virginia Raggi che si è recata personalmente nel quartiere, è nato un appello delle associazioni territoriali e organizzazioni sindacali del quartiere per chiedere un «tavolo permanente sul disagio sociale e contro l’abbandono».
L’appello è stato recepito dalla politica capitolina. In breve tempo, grazie ai consiglieri capitolini Zannola (PD), Pelonzi (PD), Tempesta (PD), Fassina (SxR), Celli (Giachetti sindaco), Figliomeni (Fd’I) e De Priamo (Fd’I) è stata richiesta una «commissione congiunta di carattere sociale e culturale relative al quartiere Tor bella monaca e possibili modalità d’intervento condiviso». Il documento è datato 9 dicembre 2020 ed è stato protocollato il giorno successivo, indirizzato alla Presidente della commissione politiche sociali (Catini) e alla presidente della commissione cultura (Guadagno). Qui il testo del documento. 

Tor bella monaca rappresenta da decenni l’archetipo del quartiere oppresso dalla criminalità e simbolo dell’esclusione sociale, del disagio e della sofferenza in un immaginario collettivo che non è più solamente quello della Capitale ma di tutto il Paese. Grazie anche a rappresentazioni cinematografiche che hanno acceso luci e riflettori a riguardo come la pellicola «Lo chiamavano Jeeg Robot».
Disagio, esclusione e abbandono non risiedono solo a Via dell’archeologia o Via del fuoco sacro. Corcolle, Torre Maura, Torre Angela, Ponte di Nona, Villaggio Breda (e la lista potrebbe continuare) sono quartieri e zone del VI Municipio in cui la sofferenza e l’abbandono di ogni speranza – soprattutto da parte delle giovani generazioni – è all’ordine del giorno. 
Anche in quei quartieri cosche e comprotamenti criminali la fanno da padrone o hanno iniziato ad essere presenti in modo strutturato.
L’iniziativa solerte dei consiglieri comunali sopra citati è lodevole ma vorremmo far presente ai lettori di questo nostro giornale digitale che o ci salviamo tutti, o la periferia sprofonderà tutta insieme.
Il VI Municipio è la rappresentazione vivente della sofferenza urbana della Capitale di un Paese che troppo poco spesso si ricorda di esserlo. 
La zona urbana che comunemente viene denominata “Torre Angela” e che comprende diverse zone oltre i confini del quartiere, nella seconda ondata del Covid 19, ha detenuto per settimane il maggior numero di contagiati, che il quotidiano «Il Messaggero» non ha esitato a classificare come «record» in quanto «lì, l’incidenza del virus è costantemente aumentata per via di un tasso che tiene conto della popolazione residente».

Papa Francesco, nell’enciclica «Fratelli Tutti» che ha scosso il Paese e il Mondo intero lo ha definito chiaramente:

«Nel mondo attuale i sentimenti di appartenenza a una medesima umanità si indeboliscono, mentre il sogno di costruire insieme la giustizia e la pace sembra un’utopia di altri tempi. Vediamo come domina un’indifferenza di comodo, fredda e globalizzata, figlia di una profonda disillusione che si cela dietro l’inganno di una illusione: credere che possiamo essere onnipotenti e dimenticare che siamo tutti sulla stessa barca».

O tutti, o nessuno.
Sarebbe stato un segnale forte per la periferia far sì che venisse istituito (o anche solo proposto) un tavolo permanente che rappresentasse tutti i quartieri dello sterminato sesto municipio di Roma. L’estremismo localista e particolarista ha prevalso sul generale e l’universale. Come se Tor bella monaca appartenesse ad un territorio-nel-territorio, il sedicesimo municipio di Roma.
Dimenticare che abitiamo tutti nella VI circoscrizione (come si diceva un tempo) non rende un buon servigio ai presentatori dell’appello.

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