Da oggi comincio una nuova rubrica chiamata “Appunti simpsoniani” e che prende le mosse dall’interesse smodato che ho per i Simpson, unito ad un citazionismo compulsivo delle puntate che vanno dalla prima stagione alla ventiduesima e ai ragionamenti politico-sociali e storico-filosofici a riguardo. Chi conosce il sottoscritto conosce, purtroppo, le forche caudine uditive a cui gli interlocutori si sottopongono: ogni situazione è buona per una citazione simpsoniana.
La prima puntata da prendere in esame è la numero 21 della stagione 8: Il vecchio e Lisa.
Giusto un accenno di trama
Il signor Burns scopre di avere più debiti che introiti: si è circondati di uomini interamente assertivi che non facevano altro che assecondare ogni sua richiesta strampalata. Tutto il suo patrimonio è, in un attimo, perduto come un mucchio di cenere al vento dopo un’ampia soffiata. È il capitalismo, bellezza. Lisa Simpson è l’unica che ha osato contraddire Burns nell’ambito di un’incontro alla scuola elementare e, dunque, il vecchio crede che il carattere della piccola Lisa possa aiutarlo a rimettersi in affari. Burns, ovviamente, ci riuscirà ma a discapito di una serie di cose, questioni, persone, affetti e – non da ultimo – principi morali.
Anche se non vi foste mai imbattuti nella puntata in oggetto, avrete sicuramente immaginato una trama piuttosto complessa, nonostante l’apparenza, che si presta a varie letture, analisi e riflessioni della peculiare realtà tratteggiata dai Simpson.
Riciclo: “politene e poliuretano”
La puntata si apre con Lisa già sveglia di buon mattino intenta a separare i rifiuti di casa per aiutare il progetto scolastico del riciclo, supportata dall’iniziativa del Preside Skinner di riciclare per poi vendere i rifiuti e ottenere il denaro necessario per una gita scolastica. Anche se la gita non avrà mai luogo. Lisa separa vetro, carta, plastiche (più d’una) e via dicendo. Marge incoraggia la figlia e cerca di rendersi utile buttando un rifiuto plastico in uno di quel che sembra una busta che contiene – per l’appunto – rifiuti plastici. La conseguenza è terribile, Lisa è preoccupatissima dalle conseguenze del gesto: «No, mamma, ferma: stai mischiando il politene con il poliuretano!», prontamente Homer, per far vedere che si sta interessando alla questione della figlia intellettuale, emette un fintamente preoccupato «Maaaaargeeee».
Questo ci dice già molto su un aspetto riguardo cui è bene soffermarsi. Lisa è consapevole dell’esistenza di due tipi di composizioni plastiche diverse le quali, nonostante appartengano alla stessa categoria generale di “
La radice del problema non è neanche toccata: perché due aziende che producono materiale per tenere ferme le lattine della birra Duff dovrebbero essere composte di due componenti plastici diversi? Perché è impossibile riciclare quei componenti insieme? E, ancora, per quale motivo quelle aziende continuano a produrre plastica nonostante l’evidente inquinamento? La risposta a questi quesiti non può fornirla Lisa: è una bambina che frequenta la scuola elementare della sua piccola cittadina, ha uno slancio positivo per gli argomenti che riguardano l’ambiente e l’ecologia ma più in là non riesce a spingersi.
Il largo è ancora ben lontano dalle prime secche in cui ci troviamo. Non a caso gli sceneggiatori hanno fatto in modo di attribuire a Lisa le caratteristica di una coscienza – certamente inquieta – in fase di formazione all’interno di una normale e ordinaria famiglia americana: la positività della critica c’è ma è ancora acerba e relegata a questioni tanto di merito quanto di principio. Questioni, altresì, volutamente poste ed esposte in modo superficiale. Come si dice proverbialmente:
Lisa e la pillola kantiana
La coscienza di Lisa la porta a fronteggiare apertamente il signor Burns nell’evento dedicatogli presso la sua scuola.
Prendiamo ad esempio la prima formulazione dell’imperativo categorico kantiano:
«agisci secondo quella massima che, al tempo stesso, puoi volere che divenga una legge universale».
Lisa agisce da vera kantiana: se tutto quello che dice il signor Burns è vero, cioè che bisogna lasciarsi alle spalle affetti, famiglia, religione e spiritualità per poter raggiungere il successo e la fama, allora questo non può essere un comportamento morale. Non a caso, in una società ultra-liberista come quella americana, Burns darà della “pazza liberale” a Lisa: non c’è “rivoluzione” in lei, solamente vorrebbe far tornare le cose al proprio posto in una società dominata dal mercato, dal profitto e dall’individualismo.
Tuttavia, “se tutti facessimo in questo modo”, ovvero, se tutti ponessero al primo posto della loro vita il profitto e la noncuranza della conseguenza delle proprie azioni, il sistema fagociterebbe tanto i produttori (imprenditori-capitalisti) quanto i consumatori (persone-lavoratorici e lavoratori). È questo che vuole far intendere Lisa alle orecchie che vogliono stare a sentirla: non possiamo agire con una presunta legge che, in realtà, è solo cupidigia verso il denaro e verso più accumulazione di capitale: “è veramente morale tutto questo?”. Certamente no, dunque è bene non farlo.
Sulla base di questo suo agire, cerca di porre la propria battaglia ambiental/ecologista come nord nella propria intima bussola: il Direttore Skinner fa di tutto per coinvolgere i ragazzi nel progetto del riciclaggio, ma al momento della consegna di svariati chili di carta ottiene solo pochi spicci. Imbestialito, ingrana la retromarcia e urla: «Scordatevi il riciclo». Lisa, di nuovo, prova a far leva sul sentimento del Direttore: «Ma abbiamo raccolto tanta carta da salvare un albero!».
Peccato che proprio dietro la station wagon di Skinner troneggi un albero che venga abbattuto dalla furia del dirigente scolastico che aveva ingranato la marcia. Così, termina l’avventura ecologica della scuola elementare della cittadina immaginaria in cui vivono i nostri. Finisce per loro ma non per Lisa.
Burns è costretto ad abbandonare la centrale nucleare, si ostina a voler vivere come una persona ordinaria nonostante non sia mai stato un ordinario cittadino: lo prendono per pazzo mentre parla con le bottiglie di Ketchup e Catsup e lo rinchiudono alla casa di riposo. Incontra di nuovo Lisa e prova a convincerlo che è cambiato: il riciclo ora si fa interessante per il ricco capitalista della città che è al verde e senza un nichelino. Può benissimo iniziare a chinare la testa, quale che sia la condizione che il fato gli sta riservando, per poterla rialzare subito dopo.
Greenwashing
Letteralmente il greenwashing potremmo tradurlo come: dare una mano di verde al capitalismo per farlo percepire diverso al cittadino-consumatore. Il fenomeno è piuttosto evidente nei supermercati della Grande Distribuzione Organizzata (Gdo): quando la cosiddetta opinione pubblica fremeva per le questioni legate all’ambiente c’è stato un fiorire di marche che proponevano il proprio prodotto verde in quanto realizzato con energie alternative, imballaggi costituiti da plastiche riciclate e via dicendo.
Lisa convince Burns ad intraprendere questa strada. Inaspettatamente, l’ottuagenario accetta. Il green ha conquistato ogni aspetto della vita del sistema capitalistico: non c’è più stata ostatività tra i due mondi ma quello più potente ha intuito che per continuare a vivere meglio di prima avrebbe dovuto blandire le pressioni esterne che stavano crescendo. In altre parole: lentamente fagocitando le pressioni ambientaliste facendole rientrare sotto l’alveo del capitale. Il fenomeno del greenwashing è stato di recente analizzato anche dalla rivista «
«Il team comunicativo della multinazionale energetica però riesce sempre a raccontare il lieto fine, anche lì dove il principe alla fine della favola scappa e lascia solo territori da bonificare. Una capacità senza dubbio impressionante, tuttavia giustificata dall’ammontare che Eni destina a tale settore. Secondo i suoi stessi dati, nel 2019 l’azienda ha speso in pubblicità, promozione e attività di comunicazione 73 milioni di euro: per intenderci, circa la metà di quanto Eni prevede di spendere annualmente fino al 2023 in uno dei settori fiore all’occhiello delle pubblicità stesse, ovvero l’economia circolare. Ma la dicotomia tra realtà e narrazione è evidente in tutti i campi. Si pensi ad esempio alle pubblicità presenti in quasi tutti i quotidiani denominate «Eni + Chiara, Luca, Silvia, ecc» il cui focus è raccontare un’altra Eni: più attenta alle questioni climatiche, più green, più circolare. «Energia, solo cambiando il modo di guardare le cose, le cose che guardiamo inizieranno a cambiare. In Eni oggi trasformiamo gli oli esausti di frittura in componente per produrre biocarburanti avanzati»: così recita lo spot che invita Chiara a usare la macchina il meno possibile in modo tale che insieme, Chiara + Eni, possano fare la differenza. Come se la capacità di incidere del singolo e di una multinazionale che ha chiuso il 2019 con un ricavo di 71 miliardi di euro fosse identica»
Non si è sulla stessa barca: consumatore e produttore, capitalista e “unità di produzione” non sono sullo stesso piano. Men che meno ora a causa della pandemia. Esiste un “noi” e un “loro” su una linea di demarcazione piuttosto evidente. La questione
greenwashing stabilisce i termini della questione-delle-questioni: l’irriformabilità del sistema capitalistico e la necessità di costruire e pianificare un’alternativa. Lisa, ovviamente, tutto questo non lo sa: crede fino in fondo nel
greenwashing operato dal signor Burns e da quello che potrebbe trarre di positivo.
Ma questo ed altro verrà trattato e sviscerato nel secondo articolo a riguardo.