L'evidente non voglia di vincere di tutti

Abitare a Roma, viverne una parte della sua periferia (la più densamente abitata della Città), costituisce un osservatorio privilegiato per il “politicamente parlando” e fornisce degli spunti preziosi per capire come è andata questa campagna elettorale. Un metodo empirico senza dubbio, ma decisamente interessante da analizzare e prendere in considerazione. Vuoi o non vuoi, Roma è pur sempre la Capitale d’Italia e, dunque, una qual certa speculazione politica dagli ànditi delle sue periferie (e non solo) sono da tersi in considerazione nell’ambito di qualsiasi tornata elettorale.
Le plance elettorali sono vuote: da quando sono state installate nessun bandone è stato preso d’assalto,  sebbene ci fosse una campagna elettorale non per le elezioni municipali, ma per le politiche e per le regionali. Dove c’è la ciccia, insomma.

Gli assalti all’arma bianca dei bei tempi

Ve lo ricordate Samuele Piccolo? Ecco. Chiudete gli occhi e fate finta di ritrovarvi per Viale dei Romanisti in quegli anni. Quanti manifesti state vedendo? Meno di quelli che il nostro ha affisso realmente di sicuro. Piccolo, come anche Alemanno, incartò letteralmente la città. Come pure fecero alcuni “candidati ambientalisti” che procedevano con l’affissione (tra l’altro alcuni manifesti sono ancora presenti) sui pilastri dell’A24 all’altezza dell’uscita di Portonaccio e Via dei Fiorentini.
In sostanza, e questa è una cosa che solo chi abita a Roma può comprendere, tempo fa (neanche troppo) le regole degli spazi elettorali venivano sostanzialmente ignorate e le plance per l’affissione dei manifesti venivano coperte ad ondate regolari da parte degli attacchini pagati dal candidato di turno che aveva a disposizione un numero sproporzionato di manifesti e che voleva soverchiare quello dell’altro partito mostrando la sua potenza di fuoco nell’affissione in tutti gli spazi elettorali.

Nessuno vuole vincere
Già da un po’ di tempo si manifesta questa tendenza: nessuno vuole vincere le elezioni perché, altrimenti, gli “attori politici” (espressione infelice ma così tanto in voga, ormai) sarebbero costretti a prendere parte di un vero dibattito, con veri temi da discutere. E invece si parla di kannette e austerity (+Europa/Radicali), iNekRiCienestannotropi!1111! (dalla Lega in giù), ci riprenderemo la Libia, beh però alla fine noi siamo meglio di loro, via (Pd) e così via.

Qualche mese fa, in cui a Roma iniziavano a comparire le plance, i candidati usciti allo scoperto si contavano sulle dita di una mano. Alle scorse elezioni comunali, quelle in cui vinse il Movimento 5 Stelle e la sua candidata Virginia Raggi,  i manifesti sulle plance furono presi d’assalto solo nel corso delle ultime settimane: la campagna elettorale fu tanto breve quanto piena di livore e di proposte inconsistenti (del famoso audit sul debito della Raggi, che strappò voti a sinistra nell’area sindacale dell’Unione Sindacale di Base per ritrovarsi poi fregati come al solito) se non dai candidati che sapevano di non risultare eletti o rappresentati nell’Aula Giulio Cesare (Mustillo, Fassina, Adinolfi, etc). 

Ancora meno, in questa tornata, sono stati i manifesti per le regionali: tutto deve rimanere com’era, un po’ come la scena in cui Fantozzi tocca il culo al Duca Conte Semenzara perché «non si deve interrompere il fluido: tutto deve rimanere come quando ho vinto». Alla Regione Lazio andrà più o meno così: nessuno deve accorgersi che ci sono state le elezioni: vincerà, di nuovo, Zingaretti e nessuno davvero si renderà conto che si è insediato un nuovo Consiglio Regionale. Anche perché, davvero, anche il più idiota a ‘sto giro, s’è reso conto dell’accordo fra PD e Forza Italia/Fd’I: candidare Parisi era come dichiararsi non belligeranti o comunque ancora meno intenzionati a vincere delle politiche.
Una sfida al ribasso costante i cui finali sono: il mantenimento perpetuo dello status quo o il rutto liberatorio di Fantozzi dopo le svariate casse di acqua Bertier. Solo che bisogna capire da che parte pende quel rutto. Politicamente parlando, eh.

2 risposte a “L'evidente non voglia di vincere di tutti”

  1. Ciao Pino, il problema è che anche se ci siano elementi positivi all'interno della giunta, o delle liste in appoggio a Zingaretti, sempre del Pd si sta parlando, e alla fine si renderanno corresponsabili Delle azioni che tu hai ricordato (privatizzazione della sanità, ad esempio). Non esiste.un "Pd cattivo" a livello.nazionale e uno "accettabile" a livello locale. Sempre del Pd si sta parlando.

  2. Caro Marco..è sempre un piacere leggerti..ma stavolta non concordo con te…era importante -almeno sulla Regione- essere
    uniti..a proposito del passato ti ricordo il mitico consigliere "batman". ..sicuramente molte critiche verso la giunta Zingaretti sono sacrosante (penso alla risposta privatizzante alla drammatica situazione della sanità laziale ereditata) ma non metterei sullo stesso piano consiglieri come Marta Bonafoni con personaggi davvero impresentabili di altre liste…

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