«Sono stato prigioniero, sono tornato a piedi dalla Germania. Ne ho passate tante: supereremo anche questa»

Oggi è l’8 settembre, ricorrenza dell’armistizio.

Nei vari racconti di persone conosciute nel corso degli anni, spesso, ricorre il racconto dei “nonni che, da carabinieri, militari”, o variamente inquadrati nelle varie Forze Armate, “si toglievano la divisa e andavano sui monti” per combattere tra i partigiani, da partigiani.

Mio nonno non fece così: la leva lo obbligò al servizio militare poco tempo prima di quel Settembre ’43, da carabiniere. Era di stanza presso una delle svariate caserme (alla Cecchignola, se non ricordo male le sue parole). Raccontava a tutta la famiglia di essere stato preso dai tedeschi non capendo il perché: lo imprigionarono e lo spedirono a Freising, alle porte di Monaco di Baviera. 
Lì si ritrovò insieme ad altri italiani e non, apprendendo solo dopo cosa accadde.
Con la vecchiaia la sua situazione cardiaca era decisamente critica, tuttavia un medico che lo curava lo rassicurava sempre, nonostante ci fosse poco da stare tranquilli. Il cardiologo gli diceva sempre di stare tranquillo, di mantenersi, di camminare e, se poteva, di non mangiare eccessivamente la sera. Anzi, se si prendeva un bicchiere di caffellatte come la moglie gli preparava era ancora meglio. 
Così ha fatto per svariati anni, nonostante due infarti: da uno di questi se ne tornò dal Casilino in ciabatte in piena notte. 
Un giorno, per un normale controllo cardiaco, il medico che era solito visitarlo era assente e, dunque, venne visitato da un altro dottore. 
Preoccupatissimo, lo chiamò insieme a mia madre: «la sua situazione è gravissima, sig. Giorgini, ma lei lo sa che può morire da un momento all’altro?!». Mia madre, sbiancata, gli avrebbe voluto dire che non era quello il modo di rivolgersi ad una persona che sì, stava male, ma che avrebbe potuto mantenersi un altro po’; che non era quello il modo, di rivolgersi ad un paziente che sì, era critico, macchediamine addirittura a dirgli in faccia lei può morire da un momento all’altro, era un po’ troppo. Non disse niente e restò zitta. Mio nonno, invece, parlò.
Tranquillo, quasi serafico, col sorriso, rispose dando una pacca sulla spalla al medico: «Dottò: io sono stato prigioniero in Germania, ho patito la fame per un sacco di tempo; ci hanno sbattuto da un campo all’altro e sono tornato a piedi in Italia. Che le devo dire? Quando Dio vorrà, mi chiamerà. Supereremo anche questa, non si preoccupi»
E si voltò.
Ecco, per grandi linee, la storia di un nonno ex carabiniere andò così. Tornò a piedi dalla Germania, quando tutti lo davano per morto, ormai. Non andò mai a combattere fra i partigiani, e non votò mai a sinistra, anzi, spesso leggeva Il Tempo
Ma era un grande, il Brigadiere Giorgini Raffaele. 

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