Il «Truman Show del comunismo» e la paura del diverso. Quella vera.

fonte:
http://www.earthnutshell.com/100-photos-from-north-korea-part2/

Pagina 99 di questo mese, nell’edizione speciale estiva, dedica due pagine ad un reportage di Alessandro Albana sulla Repubblica Democratica Popolare di Corea o, più comunemente, Nord Corea. Le due pagine scritte dal corrispondente si leggono velocemente e l’occhio non troppo attento non presta attenzione a quello che è stato riportato. Nei due box, situati nel taglio alto della seconda pagina, l’autore specifica diverse cose che non ha avuto modo di trattare nell’articolo, tuttavia si tratta dei soliti luoghi comuni che l’Albana riporta, contraddicendosi anche in due casi. 


In Cose da Sapere, l’autore cade nella solita retorica anticoreana in cui già qui si smontavano tutte le bufale (termine molto in voga in questa fase storica) riguardo la Repubblica Democratica Popolare di Corea.  Il giornalista, infatti, scrive che il sistema del turismo è già attivo dagli anni Novanta in Nord Corea e che «per individuare nuovi tour operator è sufficiente una ricerca sul web»: nel corpo dell’articolo, però, afferma: «[…] Il tutto mentre a Pyongyang i telefoni cellulari sono oramai molto diffusi: nonostante l’accesso a internet non sia permesso, si tratta di un’altra novità significativa in un contesto in cui, fino a pochi anni fa, possedere e utilizzare i cellulari era vietato».
Se l’accesso ad internet non è permesso, risulta difficile immaginare un confronto fra tour operator da remoto.  Questa, insomma, è una delle tante menzogne sulla Nord Corea. In un articolo, uscito su La Riscossa di qualche mese fa, scrivevo come Yeonmi Park, a proposito dei detrattori nordcoreani che demonizzano il loro paese di nascita all’estero e in occidente, avesse affermato in un popolare video registrato in un evento internazionale, di una Nord Corea «in cui sarebbe «negato il diritto allo studio» («non ci sono biblioteche»), il diritto all’informazione («non ci sono giornali») in cui è presente «un solo canale TV», «non c’è internet» ma, soprattutto, non si possono vedere film di Hollywood. Pena, violenze fisiche, corporali, sessuali, financo la morte. Si potrebbe rispondere linkando il sito dell’Ateneo dedicato a Kim Il Sung per rispondere alle illazioni della Park: non ci sono biblioteche, è negato il diritto allo studio, non c’è internet eppure esiste un sito internet che contiene tutte e tre queste cose: http://www.ryongnamsan.edu.kp/univ/switchlang?lang=en».

Leggi di più: Corea del Nord e dissidenti: la controversa storia di Yeonmi Park

Si potrebbe continuare per ore contestando una per una le menzogne (o, come forse in questo caso, le notizie aprioristicamente accettate) riportate anche da Albana («meglio non portare la Bibbia») anche se in modo più sottile e diluito, pur tuttavia, la questione davvero centrale, almeno a parere di chi scrive, è quella del Truman Show del comunismo. Titolo del reportage e conclusione, sostanzialmente, dell’articolo dell’Albana: «[…] Dagli hotel, Pyongyang è uno sfondo semibuio e lontano. So che in passato, qualcuno ha provato a lasciare l’albergo, di notte e senza le guide, per indagarne il mistero o per banale curiosità.
I tentativi sono sempre falliti e l’audacia ricondotta entro i confini degli spazi percorribili. Pyongyang rimane una città in controluce, misteriosa, inafferrabile. Lasciarla non basterà a scrollarsi di dosso la sensazione di essersi mossi dentro uno spazio in cui è difficile distinguere tra ciò che è reale e ciò che non lo è.».

Pyongyang – Capitale della Nord Corea

Un Truman Show in cui l’autore dell’articolo è disorientato e in cui è “difficile” (forse l’Albana sottintendeva anche impalpabile) distinguere fra reale e irreale, senza analizzare troppo (o per niente) la totale differenza che intercorre fra l’occidente capitalista e l’oriente, in particolar modo di un paese (la Corea del Nord) che non ha intrapreso la strada della globalizzazione e della finanziarizzazione selvaggia,  i cui mezzi di produzione appartengono ai lavoratori. Di un paese, dunque, di cui si ignorano i sistemi produttivi e i diritti sociali di cui gode la popolazione. Paragonando, il tutto, semplicemente sovrapponendo “realtà europea-liberista” e “realtà coreana-dittatoriale”. Liberismo, di cui, però, gli “europei” ben conoscono disumanità e criticità. 
La paura del diverso, in sostanza, passa soprattutto attraverso il rifiuto di analizzare acriticamente quello che è realmente la Nord Corea dando credito a notizie non verificate, accettate aprioristicamente, e facendo credere che sia un Paese popolato da una massa informe di sudditi che vuole fermamente la guerra contro gli USA.
Ignorando, ad esempio, tutte le violazioni ONU e gli schiaffi (metaforici e non) degli USA al processo di pace nell’area coreana (Leggi: Il “Consiglio mondiale per la pace” condanna le sanzioni e le minacce contro la Corea del Nord).

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