La democratica opposizione venezuelana. Democraticissima, come direbbe – parafrasandolo – De Sica a proposito dei delicatissimi fusilli della madre. |
Solitamente non amo commentare lunghi post su Facebook in cui si dibattono argomenti intensi e densi di attualità, siano essi di politica interna o internazionale. Uno, però, ha attirato la mia attenzione e, sfortunatamente, ha visto anche la mia partecipazione. Sono fuggito, ovviamente, dopo mezz’ora di commenti infuocati, in cui il mio ruolo era nient’altro che quello di mettere ordine tra le falsità di quello che veniva scritto: considerazioni pensate troppo in fretta ed emesse dalla bocca con ancora più velocità di quanto pensate.
La questione era spinosa, ancora una volta, un post sul Venezuela. Stavolta, tuttavia, si trattava di un direttore di un giornale locale la cui posizione era, sostanzialmente, già espressa dall’immagine del profilo la cui bandiera venezuelana campeggiava sopra la sua testa. Il post, sostanzialmente, si chiedeva se fossero proprio sicuri tutti quelli a sinistra che sostenevano Maduro e il governo del PSUV perché i brogli erano stati accertati, le violenze della polizia erano solo a danno della popolazione civile e il direttore, che si dichiarava di sinistra, non poteva che porsi qualche dubbio a riguardo.
Nei commenti, sempre più flame più che commenti pacifici, il direttore del giornale ha posto la seguente domanda: mi pongo delle domande, non ho granitiche certezze sul da che parte stare; alcuni miei amici venezuelani mi hanno riferito cose pessime e non ho notizie super partes da cui attingere».
Come al solito, faccio sempre come i cornuti e alle cose ci penso dopo, come diceva la mia prof. di latino e italiano. Se il cruccio del giornalista in questione era quello della mancanza di notizie super partes non avrebbe dovuto minimamente credere acriticamente a quelle che sono le notizie trasmesse da parenti o amici che vi abitano. Un esempio è presto fatto: un amico di famiglia è italo venezuelano, negli anni 60 i suoi genitori decisero di emigrare a Caracas, come accadde a molte famiglie abruzzesi. Questo tizio, poi tornato e stabilitosi in Italia, non ha avuto esitazione, già qualche anno fa, di dirsi antichavista e tutto quel che comportava questa sua presa di posizione. La sua tesi era che suo fratello, dirigente di banca, piangeva tutte le sere perché Chavez (quando era ancora vivo) avrebbe messo un tetto agli stipendi più alti di imprese e banche private. Tale disposizione, di cui non ero né sono a conoscenza ma verosimile, non permetteva a questa persona di accedere ad uno stipendio in linea coi dirigenti americani (circa 3.000 dollari). Gli ho risposto che era una norma di civiltà, che non potevano esistere delle persone che sfruttassero delle altre solo in virtù del loro stipendio. Mi rispose che i chavistas erano una casta e che se eri del PSUV avevi accesso a tutte le cose gratuite e a tutte le altre no, come scuola, sanità e cose simili.
Quest’ultima è una sonora panzana, tuttavia se detta dallamamma/dalnonno/dalcugino/dall’amicodelfratellodellozio, assume i toni di una verità incontestabile perché: lui ci abita, lui ci vive, sa che succede, noi non sappiamo.
Così come il non avere notizie super partes si porta con sé un altro strascico di considerazioni non molto edificanti per colui che l’ha scritto: un tempo le notizie super partes erano dispacci governativi, agenzie stampa e così via. Adesso, dal momento che la situazione in questione porta con sé un carico di polemiche senza fine, le notizie super partes diventano le agenzie stampa di altri paesi che hanno già espresso aprioristicamente una posizione negativa su questo o quel processo politico che accade in Venezuela.
Ecco, dunque, che cade il mito dell’attendibilità della notizia prodotta dalla stampa estera.
TeleSur, a tal proposito, mostrava come il giorno della votazione per la Costituente i grandi giornali europei e statunitensi affermavano come In Venezuela si stesse per calare il sipario sulla democrazia, quando poco tempo prima delle votazioni farsa, le cui testimonianze di inquinamento del voto sono state documentate e registrate, registravano il parere opposto da parte di quegli stessi quotidiani.
Ho terminato con i commenti sintetizzando che si stava andando fuori dal seminato, dato che mi venivano attribuite frasi da me mai scritte; ho provato a spiegarmi ma come al solito non ci sono riuscito.
O, forse, l’interlocutore b non aveva la benché minima voglia di stare ad ascoltare, dato il flame che ha messo in piedi, con commenti ogni secondo e accuse a destra e a manca. La predisposizione d’animo di entrambi deve essere una condicio sine qua non, altrimenti chi reprime è chi non ascolta.