I lettori abituali di questo blog potrebbero storcere un po’ il naso dando un’occhiata a questo post: che c’è di diverso in una storia di un calciatore straniero che viene a giocare in Italia decidendo, in seguito, di tornare al suo Paese d’origine per varie ragioni? Che c’è di diverso nella classica motivazione dei brasiliani riguardante la nostalgia di casa, quella che si chiama saudade?
Che poi, la saudade non è proprio nostalgia di casa ma anche assenza, lontananza, malinconia; Gilberto Gil, nella sua canzone Toda Saudade, l’ha definita più o meno così: «Ogni saudade è la presenza dell’assenza, di qualcuno, un luogo o un qualcosa, infine; un improvviso no che si trasforma in sì; come se il buio potesse illuminarsi».
Con la storia di Marco Antônio de Freitas la saudade c’entra, ma non è solo quello stato d’animo ad essere predominante: una serie di motivazioni, tutte rilevanti, interpretano un ruolo fondamentale sul proscenio della presenza dell’attaccante brasiliano in Italia.
Marco Antônio de Freitas arriva in laguna quando il Venezia è fallito di recente e si trova a disputare il girone C della serie D per la seconda volta consecutiva: in panchina c’è Enrico Cunico, allenatore vicentino di fama locale che s’è fatto le ossa in Prima e Seconda Categoria prima di approdare all’Eurotezze in Eccellenza, poi il primo salto al Montebelluna in D e l’approdo all’FBC Unione Venezia da cui viene esonerato ad una manciata di domeniche prima della fine del campionato.
A Cunico era subentrato Gianluca Luppi, colonna difensiva di un A.C. Venezia che i tifosi ricordano ancora: con lui alla guida dei lagunari, la squadra assume un gioco diverso da quello di Cunico, il suo approccio era decisamente migliore – col senno di poi – di quello di Cunico, ma tant’è. Quella stagione la vinsero i cugini del Treviso, il Venezia arrivò secondo con i playoff persi contro il San Donà Jesolo, compagine che – in ogni caso – perse lo spareggio decisivo per la Lega Pro contro la Turris e l’anno successivo ancora nella finalissima contro il Cosenza. Dopodiché fallì completamente, e ora l’Asd San Donà di Piave – Don Bosco milita in Seconda Categoria.
Ma questa è un’altra storia.
Il Venezia di Cunico era, in ogni caso, una squadra che poteva puntare alla vetta della classifica, ed è stata la prima stagione di Emil Zubin in arancioneroverde, il bomber che in due sole stagioni ha visto il proprio nome superare quello di Paolo Poggi, icona veneziana, nella classifica marcatori di tutti i tempi.
Marco Antônio de Freitas approda a Venezia a campionato iniziato da poco e fin da subito si allena duramente assieme a tutta la squadra: proviene dal Rio Branco Football Club, squadra di Serie D brasiliana; in precedenza una serie infinita di maglie vestite, dal Fortaleza al Comercial, dal Ferroviaria all’Anapolina, fino a quella (nel 2005) del Jeonbuk Hyundai Motors Football Club, team della massima serie Sud Coreana; cresce nelle giovanili del São Paulo e ci disputa una sola stagione nel 1999.
L’attaccante approda in laguna nel 2010 quando il fratello, Augusto Cesar de Freitas, era già un veterano di Eccellenza e Serie D in Italia: Guto, diminutivo di Augusto, ha fatto, in piccolo, lo stesso percorso del fratello maggiore partendo dal Brasile e tentando di sconfinare nel campionato indonesiano nel Persita Tangerang prima del ritorno in Brasile per una stagione al Sao Carlos. Poi, per Guto, c’è stato spazio solo per l’Italia: Francavilla, Sangiustese, Sarzanese, Boca Petri Carpi, Montebelluna, Marano, Thermal Ceccato, due anni al Cerea e ora punta del Laguna Venezia1 in Eccellenza Veneta.
La vita di Marco Antônio de Freitas in laguna, però, non inizia col piede giusto dal momento che fin da subito non arrivano tutti i documenti necessari perché si sancisse formalmente il trasferimento dal Brasile all’Italia, tuttavia il brasiliano non molla.
Gli allenamenti proseguono e, finalmente, inizia a fare le prime apparizioni sui campi veneti ammantati dalla nebbia invernale: Cunico non lo schiera mai dal primo minuto, nonostante affermi che si tratta di un ottimo giocatore tattico e di sostanza, facendolo entrare sempre a partita finita.
A marzo 2011 il Venezia deve affrontare prima il Belluno e poi il Treviso, squadra con cui, a parte la rivalità storica, si è sviluppata una competizione per il primo posto del girone: la partita contro i gialloblu termina in pareggio e Marco Antônio, di nuovo, viene fatto entrare quando mancano poco meno di 10 minuti al termine della partita.
Eppure Marquinho, ogni volta che entra nel rettangolo di gioco, dimostra di saperci fare col pallone, se non altro per l’indubbia esperienza che ha maturato in Brasile: appena tocca palla gli piombano addosso sempre tre avversari per rubargli la sfera.
Così non va avanti e gli infortuni si sommano alle delusioni del poco minutaggio sulle gambe e al termine della partita contro il Belluno, infatti, intervistato da Andrea Martucci, giornalista che seguiva la società, esprime un’oncia di rammarico per le continue sostituzioni che lo fanno entrare a partita ormai terminata.
Sfiora il gol in diverse occasioni ma non riesce mai ad insaccare alle spalle del portiere avversario: la saudade nei confronti di casa cresce sempre di più. Cresce, a dismisura, quando il Presidente del Venezia Rigoni muore improvvisamente e la società ha bisogno di un rapido riassetto, nel momento in cui si concretizza la famosa cordata russa capitanata dall’ormai ex Presidente Yurij Korablin (ora posto ricoperto da Joe Tacopina, che i più si ricorderanno poco tempo fa al Bologna).
Cambio di panchina: via Cunico, dentro Luppi e de Freitas comincia a vedere le possibilità di giocare, dopo essersi ripreso dall’infortunio.
Gioca, dal primo minuto, solo l’ultima partita del campionato contro il Pordenone (nel Venezia di quel giorno avrebbe giocato anche l’appena maggiorenne Francesco Fedato, ora punta del Livorno). Finisce 3 a 2 per gli arancioneroverdi e Marquinho sigla il gol del vantaggio, mostrando, in una manciata di minuti, tutta la classe che non aveva potuto mostrare durante la stagione: cross di Cardin dalla sinistra, tiro rapidissimo di prima che va ad inserirsi in quella fessura minuscola tra la mano del portiere – già in volo – e la traversa della porta.
Non ci sarebbe arrivato neanche Lev Yashin.
I compagni urlano più di lui dopo il gol realizzato, la squadra gli corre incontro, si lascia abbracciare da tutti, dato che era – ormai da tempo – un componente della squadra a tutti gli effetti, benvoluto da chiunque all’interno del club: per una volta ha segnato lui, Marco Antônio de Freitas.
«E’ stato un bello gol», dice a fine partita, interpellato dal sempre presente Martucci, «io che ha fatto prima partita contro Pordenone, faccio oggi mia ultima partita». Marquinho ha già acquistato un biglietto aereo che neanche Luppi è riuscito a fargli spostare: «credo che la squadra va fino a fine con play-off, io torno a casa a cercare squadra in Brasile».
Non è stata la stagione migliore per Marco Antônio, ma la sfortuna degli infortuni, il transfer che non arrivava e un allenatore che gli imponeva lo status di riserva, hanno fatto tutto: il resto è saudade, altro che noia.
Tornato a casa disputa un’ultima stagione prima di ritirarsi, a causa di un altro brutto infortunio. Marquinho, ora, allena il settore giovanile di calcio femminile della sua prima squadra: il São Paulo.
1� Fondata nel 2011 dalla fusione di Us Muranese (che aveva già preso il nome di Laguna di Venezia), Venezia Alvisiana e Serenissima Vigna. Il Laguna Venezia, dunque, ha messo insieme tutti i gruppi di tifosi e sostenitori ‘neroverdi’ che si erano schierati fin dal primo momento contro la fusione delle società di Mestre e Venezia che avrebbe portato il tricolore ‘arancio-nero-verde’ sulla maglia della squadra della laguna, da qui il termine Unione ripreso dal Venezia una volta retrocessa in Serie D. L’associazione che più rappresenta l’istanza neroverde e, per l’appunto, ‘Cuore Neroverde’. Stessa matrice ha la società Pro Venezia, militante in Promozione Veneta.