Articolo pubblicato su ilmanifesto del 2 marzo 2012
L’idea di una chiesa cattolica, di un clero progressista – in tutte le sfaccettature del termine – è un’idea che sembra non aver mai sfiorato gli uomini religiosi. In realtà nel romanzo di Jennifer Haigh I sospiri degli angeli (Marco Tropea, pp. 302, euro 17,50) Artur, chiamato col nomignolo di Art dalla sorella-narratrice, ha un’idea fortemente progressista: avrebbe voluto vedere una chiesa al passo con i tempi, una chiesa che si adattasse e calzasse come un guanto le sue istanze di quattordicenne appena entrato in seminario a Boston. Per un ragazzo non di città ma di una piccola cittadina come Grantham, Boston era quasi un miraggio. Il sogno della grande città però si scontra subito con la dura realtà di una chiesa fortemente gerarchica e conservatrice che del progressismo e della modernità non sapeva proprio cosa farsene. Art o Padre Breen si è sempre sentito come un pesce fuor d’acqua nella città dove ha vissuto. Per fede o per uscire dai confini della piccola città decide di prendere i voti giovanissimo, a quattordici anni. Peregrina di parrocchia in parrocchia, si scontra con le autorità clericali bostoniane, intrattiene rapporti d’amicizia con i vari fedeli e specialmente con la cuoca del Sacro Cuore. Parlano spesso lui e Fran Conlon, gli fa conoscere sua figlia Kath e il suo nipotino Aidan. Egli diventerà, ad un certo punto, la sua unica ragione di vita: se lui è presente, Art è felice; se lo deve andare a prendere a scuola, il «piccolo» parroco di provincia è felice. Via con lo scandalo pedofilia, dunque, fulmine a ciel sereno per Art che viene allontanato dalla parrocchia il giorno prima del Venerdì santo e relegato in una sorta di case popolari per mariti divorziati e magari anche senza lavoro. Sgomento e preoccupazione assalgono Art, assalgono la sorella/narratrice che non poteva minimamente immaginare tutto quello che si imputava al fratello potesse essere reale. Le stesse sensazioni di ansia che non assalgono la famiglia del sacerdote che si chiude in se stessa, diventa introversa nei confronti di tutta Grantham, non avrà più contatti col mondo reale. Tra le pagine pesanti come macigni, per accuse, ansia e poca scorrevolezza, si dipana un mondo che non si potrebbe immaginare, una situazione difficile per la quale si potrebbe essere «coinvolti anche ingiustamente», sembra dire l’autrice. Così, tra Grantham, Boston, tra le periferie delle città che non si sentono metropoli ma ecosistemi a parte, tra il mito dell’Italia, di Roma, del clero Vaticano, si dipana la triste vicenda di Art., partito da una piccola città pensando che la chiesa potesse aiutare a costruire un mondo migliore. E finito a scoprire che quel mondo migliore era solo nella sua testa e non in quella della gerarchia ecclesiastica.